Roma. In Italia, quando le idee scarseggiano, ci si butta sull’ecologismo. Adesso tocca all’ex ministro Lorenzo Fioramonti, spacciato per statista dalla sinistra in assenza di leadership e per oppositore pugnace dagli scappellatori di professione dopo le sue dimissioni dal Miur (tutto uno chapeau, ben fatto). Insomma adesso tocca a Fioramonti prodursi nella costruzione di un nuovo movimento che “guardi a sinistra”, recitano le cronache beneauguranti, che sperano negli scarti del grillismo per risollevare le sorti del progressismo. Il problema, come una volta ha riconosciuto il governatore toscano Enrico Rossi parlando con il Foglio, è che in Italia l’ambientalismo “è stato impugnato spesso inseguendo i comitati, che per carità esprimono una reazione da ascoltare ma sono ben lontani da un progetto che concili l’utilizzo della scienza e della tecnica per sanare quella ferita inferta all’ambiente”. Fioramonti resta nel solco di un’antica tradizione. E si appresterebbe lanciare un suo gruppo parlamentare, Eco (eco-logia, eco-nomia) cercando consensi e interlocuzioni, come direbbe Giuseppe Conte, a sinistra. Le cronache riferiscono di suoi incontri con esponenti di primo piano del Pd e dei Verdi europei. Fioramonti, in questi giorni densi di articoli su di lui (troppa grazia, forse), ha spiegato diffusamente le ragioni delle sue dimissioni. I tre miliardi non dati alla scuola, la “coerenza”, la perdita di senso. Ha poi rinfacciato al M5s di essersi imborghesiti.
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