Roma. “Ho come l’impressione che questo passaggio storico si rivelerà così importante che potrebbe finire per consegnarci un mondo completamente diverso”. Di sicuro, la decisione degli Usa di uccidere il generale iraniano Qassem Suleimani ci ha consegnato un medio oriente stravolto. “E’ chiaro, e anche retorico, dire che nulla sarà come prima. Di fatto, è stata indirizzata all’Iran una dichiarazione di guerra. La sola differenza è il modo in cui è stata recapitata: non più attraverso i diplomatici, ma per mezzo di un drone”. E dunque, mentre parla, Marco Bertolini – primo generale italiano che ha ricoperto il ruolo di capo di Stato Maggiore del comando Isaf in Afghanistan e oggi a riposo – sembra quasi di respirare tutto lo spavento del militare che preferirebbe mai dover intervenire, ma anche tutto il fastidio dell’italiano che non sopporta l’Italia che si fa piccola piccola: “Purtroppo siamo ormai un popolo tutto concentrato a guardare l’ombelico. Il nostro orizzonte non arriva oltre la Libia che ci impensierisce, ma solamente per la paura di un’invasione migratoria o per ragioni tutte economiche. Sia come sia, l’assassinio di Suleimani e la crisi libica ci espongono a conseguenze imprevedibili. E’ una mossa improvvida che costringerà l’Iran, per forza di cose, a reagire e che avrà conseguenze inevitabili anche per il nostro paese” risponde il generale angosciato non solo dalla storia che si muove, ma dall’Italia e dalla sua politica estera immobile e inadeguata: “Se mi chiedete se ritengo adeguata la conduzione della nostra politica estera, rispondo con naturalezza che la ritengo completamente inadeguata”.
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