Roma. La scelta d’imprimere una svolta è maturata giovedì sera, nel corso di una riunione ristretta al Nazareno. È stato lì che lo stato maggiore del Pd ha stabilito che l’obiettivo da perseguire, per evitare che l’Italia finisca relegata al ruolo di spettatore del precipitare degli eventi in Libia, è quello di promuovere una forza d’interposizione europea, sotto la regia di Roma: una soluzione che prevede l’invio di soldati italiani in Libia, con lo scopo di facilitare una mediazione tra Khalifa Haftar e Fayez al Serraj. E ancor più tra quelli che sono ormai i rispettivi protettori: Russia e Turchia. Nella consapevolezza, comunque, che lo stallo sarà lungo e tribolato, e che si dovrà scongiurare il rischio tutt’altro che inconsistente dell’escalation. Uno scenario che in parte ricorda il Libano, citato nella riunione come “un modello”, dove a garantire un equilibrio di pace sostanziale è proprio una forza d’interposizione che dal 2006 è stata a lungo (ed è tuttora) sotto la guida dell’Italia, seppure nel quadro dell’Onu.
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