L'egocentrismo twittarolo di Salvini
Quasi diecimila cinguettii nel 2019: uno su tre per attaccare qualcuno o qualcosa, soprattutto gli azionisti del Conte bis e l'Unione europea. E poi propaganda più che lotta all'immigrazione. “Salvini” la parola più utilizzata
Da anni si fa un gran parlare di Matteo Salvini e il suo account Twitter. Benché con un numero di utenti nettamente inferiore rispetto agli altri social network, il social dei 240 caratteri rimane una piattaforma importante per impostare l’agenda politica del paese. È frequentata da giornalisti, politici e commentatori e – grazie al suo meccanismo – riesce più di altre a far circolare messaggi virali. Ma per analizzare un fenomeno nel suo complesso non possiamo fare a meno dei numeri, che spesso mancano nel dibattito. Grazie ai dati forniti da Gaia Rubera, professoressa e direttrice del Dipartimento di Marketing all’Università Bocconi, il Foglio ha quindi esaminato tutti i tweet pubblicati da Matteo Salvini dalla creazione del suo account. Alcuni risultati sono chiari: il leader della Lega utilizza i cinguettii per attaccare e criticare, portare l’attenzione sui suoi temi preferiti e coltivare la comunità di fan (la parola “grazie”, spesso rivolta ai follower, è una delle più frequenti in assoluto). Ma in fondo è sempre lui al centro: “Salvini” è la parola più utilizzata da lui stesso in tutto il suo account Twitter.
Il 2019: l’anno record
Il 2019 è stato l’anno in cui Salvini ha twittato di più in assoluto: quasi 10mila tweet dal 1° gennaio al 31 dicembre. Il Foglio ha elaborato un’analisi dell’attività di Salvini su Twitter nel 2019 a partire dalla lettura di un campione casuale dei tweet, pari a poco più del 10 per cento, che in diverse verifiche si è dimostrato rappresentativo. Sulla base di queste stime, una tendenza emerge più netta di altre: Salvini ha utilizzato Twitter prevalentemente per attaccare qualcuno o qualcosa. Lo ha fatto in un tweet su tre (battuto da Donald Trump che secondo il New York Times ci è riuscito nella metà). Da agosto in poi i suoi bersagli prediletti sono ovviamente gli azionisti del governo Conte bis, ma tenendo presente l’intero 2019 gli obiettivi sono più vari. In oltre 400 casi Salvini usa parole di biasimo contro l’Unione europea e le sue “politiche di austerità”. Non mancano attacchi diretti al presidente francese Emmanuel Macron e alla cancelliera tedesca Angela Merkel, accusati per ben 65 volte di interferire negli affari italiani. Contro giornalisti e intellettuali l’attacco via tweet è invece spesso accompagnato da emoticon sarcastiche ed espressioni di scherno (mentre l’invio dei “bacioni” sembra più marginale del previsto).
Oltre agli attacchi, nel 2019 Salvini ha usato Twitter in più di 2mila occasioni per fare campagna elettorale e dare notizia dei suoi comizi in piazza e in tv. La propaganda supera persino il suo cavallo di battaglia, la lotta agli sbarchi e all’immigrazione: su questo poco più di mille tweet in un anno, molti dei quali imbottiti di insulti alle ong e a personaggi come Carola Rackete e George Soros. Un’altra delle sue occupazioni preferite sui social è commentare casi locali di cronaca nera, spesso in riferimento ad atti violenti commessi da immigrati, oppure per dare manforte a leggi di suo gradimento, come la legittima difesa. Quando si tratta di lodi e approvazione, le forze dell’ordine sono protagoniste indiscusse, che compaiono in circa 250 tweet celebrativi. Ma Salvini è prodigo di complimenti anche nei confronti di leader stranieri populisti (da Viktor Orbán a Jair Bolsonaro, in più di 80 tweet) e dei giornalisti di Rete4, primo fra tutti Mario Giordano (quasi 60 volte!). D’altra parte invece la stampa a lui ostile (o meglio, non allineata) ha ricevuto nel 2019 poco meno di 150 tweet di critica e attacco. E il cibo che tanto fa discutere? Tortellini, pizze e calici di vino compaiono in 206 tweet, tutti dedicati a coinvolgere i propri fan e a sembrare più simile a loro.
Ognuno sul proprio account Twitter scrive ciò che vuole. Ma quando si tratta di insulti e bufale, per di più da parte di un personaggio politico come Salvini, le cose si fanno più complicate. Secondo le stime del Foglio, Salvini nel 2019 ha fatto uso di allusioni razziste in più o meno 50 tweet, rivolti a immigrati o rom. In molti ci ricorderemo quando in televisione usò il termine “zingaraccia” contro una donna che lo aveva minacciato. Alcuni tweet sono invece più sottili (come quelli sugli immigrati “con il cappellino”), perché legittimano luoghi comuni e pregiudizi senza mai macchiarsi espressamente di razzismo. Si stimano anche più di 170 casi di notizie false o narrazioni fuorvianti (verificate da fact-checking pubblicati da organi autorevoli), legate soprattutto all’immigrazione e all’Unione europea. Una comunicazione non all’altezza del leader che Salvini ambisce ad essere.
9 anni di cinguettii
Allargando lo sguardo agli anni precedenti al 2019 possiamo comprendere ancora meglio la politica di Matteo Salvini. Il Foglio ha infatti analizzato – questa volta tramite ricerche mirate – anche i 26.037 tweet precedenti all’anno scorso, andando a ritroso fino al primo cinguettio di Salvini lanciato in rete nel 2011. Era il 23 marzo, alle sei e mezza del pomeriggio, e il testo non poteva che essere l’annuncio: “Ecco il mio nuovo twitter ” tipico dei neofiti che ancora non hanno rotto il ghiaccio con la nuova piattaforma. Ghiaccio che negli anni ha poi rotto se è vero come è vero che la parola più usata nei tweet di Salvini è… “Salvini” stesso. Scritta ben 13.995 volte, racconta di un canale informativo in cui al centro c’è Matteo, in tutta la sua giornata e i suoi comizi, durante i quali il cognome diventa un hashtag per amplificare il messaggio.
Attraverso il suo profilo si può ripercorrere la carriera politica del leghista: all’esordio sugli (allora) 140 caratteri, Salvini era stato eletto eurodeputato da un paio d’anni. Sul finire del 2013 arriva il primo cambio di passo, quando viene scelto a guidare la Lega Nord come segretario federale. Se fino ad allora si era dedicato in media a 7 messaggi al giorno, dal 2014 è diventata norma la doppia cifra quotidiana di tweet. Ha capito che potevano diventare un utile strumento di comunicazione politica, sulle orme di un altro rampollo della politica di quegli anni, di casa a Rignano sull’Arno (Renzi è la quarta parola più usata di sempre da Salvini, tolte le preposizioni). Dal 2013 sarà un andamento costante, fino al boom del 2018 e 2019 quando ha cominciato a collezionare in media quasi 20 tweet al giorno, il doppio degli anni precedenti.
Ma più che il numero di cinguettii, è interessante cosa Salvini ha scritto. Attraverso ricerche mirate è possibile estrapolare lezioni preziose dal dataset dei tweet del segretario leghista. Ad esempio su una delle sue battaglie più famose ma poi – a parole – rinnegata: l’uscita dell’Italia dall’Euro. Salvini ha puntato tutte le sue carte su questo soprattutto nel 2014, anno di elezioni europee, per poi invece tenere il tema sottobanco fino a disconoscerlo negli ultimi anni. Nel 2014 utilizzava di frequente l’hashtag #Bastaeuro, totalizzando la bellezza di 407 tweet in cui scriveva della moneta unica europea. Allora uscire dall’Euro era un “dovere morale”, per mettere fine all’ “incubo” e alla “moneta criminale”. In quell’anno compare in un tweet un nome che abbiamo imparato a conoscere: Paolo Savona, che – scriveva Salvini – “dice che uscire dall’Euro si può!” Come è finita questa storia, oggi, lo sappiamo. Nel 2017 altra fiammata, quando diffonde un altro hashtag, solo in apparenza meno critico: #oltrelEuro. Fino al 7 maggio 2017 quando un'altra elezione condizionerà la sua battaglia, questa volta determinandone la fine: Macron sbaraglia Le Pen al secondo turno delle presidenziali in Francia e Salvini capisce che la via elettorale di uscita dall’Euro è impossibile (quella non elettorale, tramite cigni neri più o meno indotti, è invece tutt’altro che abbandonata). Nel 2018 e nel 2019 scrive su Twitter della moneta unica solo una volta.
Ma la moneta europea non è l’unico fronte su cui Salvini ha cambiato idea – e di conseguenza toni su Twitter – negli ultimi anni. Un tempo, sul suo account Twitter compariva regolarmente il riferimento alla Padania, la sedicente regione per cui la Lega Nord proponeva l’indipendenza dall’odiata Italia. Ebbene se il picco è nel 2014, con 36 tweet dedicati alla secessione padana, è ormai dal 2017 che Salvini non ne scrive più. Di tutt’altro aspetto il trend dell’utilizzo della parola “Italia”, triplicato negli ultimi tre anni. L’ex ministro ha sempre più di frequente fatto riferimento nei suoi tweet al paese intero, abbandonando le richieste secessioniste e dedicandosi alla conquista politica della nazione.
Ma l’abbandono dei toni nordisti è solo una faccia della medaglia: negli anni scorsi Salvini ha archiviato anche le feroci critiche al Sud. Per scoprirlo, Il Foglio ha analizzato il contesto dei tweet in cui vengono citati il Sud e la Sicilia, la sua regione più popolosa. Le due nuvole di parole – disponibili nella versione online dell’articolo e che rappresentano le parole più usate nei tweet in questione – lo mostrano in modo evidente. Se tra il 2011 e il 2013 il Sud era associato a termini come “dipendenti pubblici”, “forestali” e “sprechi”, negli anni successivi quando si parla di Meridione a tenere banco è “Salvini” stesso, che racconta in prima persona la campagna elettorale, e l’immigrazione con gli sbarchi sulle coste.
Quello che Salvini non twitta
Ma forse ciò che è più interessante è quello che Salvini non dice attraverso Twitter. Tra quelli analizzati dal Foglio non c’è un solo tweet di forte condanna al fascismo, non ci sono parole distensive sulle indagini a suo carico (anzi, i magistrati sono tra i suoi bersagli preferiti), non c’è alcun chiarimento sulla vicenda del Russiagate e soprattutto non c’è alcun tentativo di evitare la critica e l’attacco come primo strumento di comunicazione. Manca tutto quello che su Twitter potrebbe rendere Matteo Salvini un leader di centro-destra normale. Se un giorno, invece che al Viminale, il “Capitano” dovesse trovarsi nella stanza dei bottoni di Palazzo Chigi, con a disposizione tutti i canali diplomatici e istituzionali del presidente del Consiglio, un account Twitter così potrebbe far impallidire anche il ciuffo biondo di Trump e i suoi cinguettii. Un brutto sogno, per ora.