Come evitare che il nuovo Pd resti ostaggio del grillismo? Opinioni
Da Franceschini a Orfini. Tempi, difficoltà, prospettive del rapporto con il M5s
Roma. “Il rischio è che incubiamo noi il grillismo, a proposito di incubatori”, dice al Foglio Matteo Orfini, appena giunto a Contigliano, dove il Pd s’è chiuso per due giorni nell’abbazia in ritiro spirituale, un grande classico del centrosinistra con precedenti illustri (nel 2006 Romano Prodi portò i suoi ministri a San Martino in Campo, in Umbria, e che panorami anche lì). Un ritiro per conservarsi meglio (“Qui fa un freddo pazzesco. Siamo stati dentro questa sala meravigliosa, tutti con il cappotto... congelati”, ha raccontato Valeria Fedeli a Radio1) contro l’invecchiamento precoce che Dario Franceschini, l’anello ci congiunzione fra il Pd e i Cinque stelle, vuole prevenire aprendo ai grillini. E come? Apparecchiando una nuova vocazione maggioritaria che tenga conto della Casaleggio Associati: “C’è spazio per una nuova vocazione maggioritaria del Pd”, dice il ministro per i Beni culturali nel suo intervento. “Il sistema elettorale proporzionale ci spingerà a essere sempre più inclusivi, ad aprire in varie direzioni; dobbiamo tenere aperto il rapporto con M5S e con i moderati che non si riconoscono in Salvini. Cosa c’entra la Carfagna con Salvini, ad esempio?”.
L’ex segretario del Pd, tra i primi teorici e pratici di un’alleanza strutturale con i Cinque stelle (cosiddetta “casa comune”), aggiunge: “Dobbiamo farli venire di qua, i Cinque stelle, provare ad allargare il campo di chi condivide certi valori. Non ci si può fermare perché dicono no a un’alleanza, perché non capiscono, bisogna andare avanti anche quando riceviamo dei no”. Sulla legge elettorale, spiega Franceschini, “abbiamo fatto un accordo importante che ci aiuterà in questa direzione. Il sistema proporzionale con sbarramento al 5 per cento pone vincoli meno stringenti prima delle elezioni, si può andare separati, ma poi torna il tema delle alleanze, da preparare prima delle elezioni. Si può salvare il bipolarismo e formare dei poli meno forzati dalla legge elettorale”. L’idea è condivisa anche dal vicesegretario Andrea Orlando, per il quale i rifiuti dei grillini a un’alleanza organica con il Pd “sono la fisiologica conseguenza di un’altra stagione, bisogna vedere se sono definitivi oppure no. Qualunque alleanza è nata dopo una fase dialettica molto complicata, sono convinto che le cose vadano nella direzione di una possibile alleanza”.
Ma il rischio non è una certa subalternità al grillismo? “Al rischio di subalternità verso i Cinque Stelle”, dice al Foglio Andrea Romano, portavoce di Base Riformista, “si risponde impegnando il Pd su temi come crescita, sviluppo e taglio delle tasse, come abbiamo iniziato a fare nei primi mesi di governo e come dobbiamo fare ancora di più nel 2020. Ma c’è un argomento in più su cui lavorare, alla luce del caos interno nel quale stanno precipitando i grillini: la democrazia italiana ha sempre più bisogno di partiti forti e autorevoli, con meccanismi di partecipazione e decisione che siano rigorosamente trasparenti e verificabili. Per questo il Pd dev’essere – sempre di più – il contrario della palude di Casaleggio: e quindi un partito contendibile e aperto, e al contempo solido e capace di fare pedagogia politica di massa”. Per questo Base Riformista è pronta a presentare un candidato al prossimo congresso. Potrebbe essere uno dei sindaci, magari Giorgio Gori. “E’ solo un problema di tempi. Sono provvedimenti identitari per i Cinque stelle. Non è facile trovare sintesi. Ma si trova sempre”, dice al Foglio la deputata del Pd Rosa Maria Di Giorgi, un tempo vicina a Renzi. Certo, la questione dell’identità del Pd resta: “Se fosse subalternità sarebbe fuori tempo massimo vista la crisi grillina”, dice al Foglio l’europarlamentare Massimiliano Smeriglio. “Per me la democrazia si difende tutta intera garantendone la capacità decidente. Io non condivido il taglio dei parlamentari senza mettere mano all’efficacia e i tempi di funzionamento dello Stato”, dice Smeriglio. “Sulla prescrizione c’è da dare dignità e visibilità a una cultura garantista e non manettara che a sinistra è ancora molto forte”. Insomma, subalternità al grillismo o no? “No, non la metterei così”, dice al Foglio il deputato Antonello Giacomelli. “Direi che, criticabile o meno, l’adesione ad una certa impostazione è cominciata diversi anni fa ed ha attraversato e periodicamente attraversa trasversalmente tutte le forze politiche ed il mondo dell’informazione”.