Vito Crimi (foto LaPresse)

Come il gerarca minore Crimi è diventato il generale maggiore

Carmelo Caruso

Storia e pulsioni del reggente del M5s che piace molto a Bersani e che ha le carte in regola per far rimpiangere il predecessore

Roma. Lo nominano segretario liquidatore del vaffa, “reggente”, altra figura che consegnano alla scienza politica dopo “facilitatore, “elevato”, tutte cariche patacca come la laurea consegnata a Beppe Grillo: “Sono davvero emozionato…”. E raccontano che anche Vito Crimi si sia commosso quando gli uomini di Luigi Di Maio lo hanno cominciato a vestire come quel cardinale Viglietti di Paolo Sorrentino, il tontolone del Conclave che viene scelto Papa, l’uomo adatto perché inadatto. Prende infatti il comando del M5s, per abbandono preventivo di Luigi Di Maio, il prototipo zero e forse per questo il più originale e feroce dei sansepolcristi, grillino di combattimento, attivista nato a Palermo, ma trasferito a Brescia all’età di ventisette anni, che sul suo cv ha inserito l’adagio testamentario, dal vangelo secondo Matteo, estote parati. In quello straordinario documento veniva allegata la promessa “di compiere il mio dovere verso Dio e verso il paese e di osservare la legge scout”.

 

 

Tra i primi a documentarsi sul blog di Grillo, quando era ancora il rifugio di tutti gli squilibrati italiani, Crimi è stato il primo a fondare il meet up di Brescia, una piccolissima cellula rivoluzionaria dove si pianificava l’assalto al cielo presso l’Antica Birreria Wührer, e dove si è meritato, registrava nel 2012 Linkiesta, il soprannome di “capopanza”. Assistente giudiziario della Corte di Appello di Brescia, con studi matematici, ha rivelato (forse per chiedere perdono per tutti i suoi futuri peccati) che ha frequentato la parrocchia di padre Pietro Leta prima di cadere da cavallo e seguire il suo profeta. Nominato senatore del M5s nel 2013, grazie a 381 voti, è entrato tra i classici per essersi presentato al primo streaming di fronte a Pier Luigi Bersani, il quale ieri ha detto che Crimi è una persona “pacata, più che ragionevole”, annunciando: “Siamo pronti per una rivoluzione culturale”.

 

Si perdette, subito dopo, lungo i corridoi di palazzo Madama. Scelto da Grillo come portaborse per incontrare Giorgio Napolitano, si era presentato ai giornalisti dicendo: “Beppe ha tenuto sveglio il presidente”. Non riuscì a tenere sveglio Crimi. Addormentato in aula, è la fotografia che Leonardo Sciascia chiama entelechia: un’immagine che racconta per sempre l’uomo. Esteticamente goffo, è stato selezionato dall’ufficio di comunicazione del M5s e, si dice, mandato a Milano per trasformare il suo ghigno in sorriso, per nascondere gli incisivi, stringere gli abiti. Da allora ha occupato la carica di capogruppo e ha regalato momenti di trascurabile felicità come quando ha denunciato su Facebook “il complotto dei piedi sporchi”.

 

 

Per dimostrare quanto fosse inquinata l’atmosfera, pubblicò la foto dei piedi sporchi del figlio. Indicato a rappresentare il M5s al Copasir, si deve a quella posizione non tanto il successo quanto il timore che Crimi trasmette ancora ai parlamentari del M5s. A lui si è rivolta anche Giulia Sarti finita nei pasticci per via del fidanzato. Pensava di avere trovato in Crimi il suo Montalbano: “Ho detto tutto a Crimi”. E invece non era neppure Catarella che nei romanzi è sempre simpatico. Da sottosegretario all’editoria ha manifestato la sua vera indole di “gerarca minore” (cit. Massimo Bordin) quando ha ingaggiato la più miserabile battaglia per spegnere Radio Radicale. Si è sempre dichiarato pronto ad assetare tipografie, redazioni libere che hanno la sola colpa di essere aiutate dallo Stato. Anche oggi, che non occupa più quella carica, detesta questo Foglio –“quella prodotta dal Foglio non è informazione ma letame”, disse il giorno dopo la denuncia di questo giornale sul “tentativo che non riuscirà per colpire il Foglio e farlo chiudere”. Ha perfino rinunciato a fare il ministro nel governo gialloverde e ora è vice di Luciana Lamorgese che però non gli ha ancora consegnato le deleghe al contrario di Di Maio che gli affida, ora, il M5s. E la fine non rende omaggio all’inizio. Non chiude il sipario Grillo, ma Crimi, l’assistente di sala.

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