Milano. Mentre i maggiorenti di molte organizzazioni cattoliche provano cautelosi a radunarsi attorno al fuocherello del Manifesto di Assisi, per vedere se ne possa sortire una nuova presenza partitica moderata-progressista (l’ossimoro sta nelle cose e nelle genealogie politiche), è interessante osservare come sia andata, in Emilia-Romagna, la scommessa di Matteo Salvini: che ha giocato una parte consistente della proposta della Lega sui temi religiosi e sulla conquista dell’elettorato cattolico. Missione non esattamente compiuta. Dopo il voto, ha rivendicato di “essere orgoglioso di aver dato voce ai senza voce”. Messa così sembrerebbe un martire del samizdat, ma nell’ex regione rossa i comunisti non mangiano più i bambini, nemmeno a Bibbiano, e la voce della chiesa (con i vari timbri vocali del cattolicesimo, quello tradizionale popolare, quello elitario-adulto, quello sociale) è ancora forte, pur nella secolarizzazione. Il leader della Lega ha strimpellato la tastiera consueta, ma ha aggiunto nuove note allo spartito. E’ partito subito col rosario (uno dei primi tweet, inizio settembre: “Grazie di cuore a questa signora che stamattina a Caorso mi ha aspettato per donarmi un rosario”.
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