Molti invocano un governo forte, e dannano l’avvocato Conte e i suoi ministri e sostenitori. Vogliono una radicale “discontinuità” con il governo del contratto Di Maio-Salvini, e questo sa di formulismo politicistico, ma non importa. I più arditi chiedono che il governo si doti addirittura di un’anima, il che fuori dalla metafora spiritualistica vuol dire una visione accoppiata a un tasso di realismo, credo. Molti altri pensano che sia venuto il momento di tirare le somme, visto che i grillini non se la passano un gran che: abolire i decreti Salvini, altro che buon lavoro e discreto della Lamorgese, e rimettere a posto la sconclusionata e offensiva misura che mette a disposizione dell’accusa penale un tempo quasi infinito per incastrare il reo, visto che gli innocenti possono aspettare, tanto non esistono, almeno secondo il dottore magistrato Davigo. C’è chi persegue, visto che adesso ci sono e non ci sono, addirittura un’alleanza strategica con i resti dell’armata a 5 Stelle. Non bastano le piccole cose di pessimo gusto del tinello gozzaniano. Si invocano grandi cose: una vera politica estera, una ristrutturazione del sistema istituzionale, a partire dalla legge elettorale, al posto di una restaurazione del proporzionale, ch’è guardata di sbieco. E c’è parecchio d’altro che si vorrebbe dal governo, mentre si consumano le ultime generose battaglie contro l’Idra rousseauiana che, per la verità, ha perso il carattere di mostro mitologico pronto a mangiarsi la democrazia rappresentativa.
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