Roma. Non si accontenta della parola “partito” che non può fare parte del suo lessico (“In politica si usa purtroppo un lessico abituale”) e dunque ha iniziato a chiamarla “area”, la superficie che per i Latini stava a indicare i luoghi liberi e piani della città e che per Giuseppe Conte è invece l’indefinito che vorrebbe definire: “Mi piacerebbe essere il punto di riferimento di un’area innovativa per lo sviluppo sostenibile”. E infatti, con l’aiuto maieutico di Lilli Gruber, che lo ha intervistato a Otto e Mezzo, il premier, che ha la qualità dell’elastico, ha detto che sì, è pronto a federare i sentimenti (“Nella mia area inclusiva ci potrebbe essere spazio per il M5s”), ma anche a scucire le identità perché “il nuovo spazio non può essere una camicia costrittiva”. Il nuovo spazio ha in realtà già un solido manifesto che ha tutte le caratteristiche care a Conte: ecologico, cattolico, ambientale. E’ stato presentato ad Assisi, lo scorso 24 gennaio, da Ermete Realacci e tra gli ospiti c’era proprio il premier che per essere presente ha rinunciato a essere a Davos perché qui, ad Assisi, “si parla della cura del pianeta e c’è attenzione verso tematiche che risalgono al Medioevo”.
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