Coniugare coesione sociale e innovazione
L’accelerazione dell’innovazione degli ultimi decenni non ha precedenti nella storia. Gordon Moore, un ingegnere dell’Intel, nel 1965 profetizzava che la capacità di calcolo e di conservazione dei dati si sarebbe raddoppiata ogni anno a parità di costo. Ecco la leva della globalizzazione, altro che complotti! Internet, l’algoritmica, l’automazione e la connettività hanno cambiato e cambieranno il modo di vivere, di produrre e creare ricchezza. La produzione potrebbe presto diventare un servizio concentrandosi in cloud manufacturing (fabbriche super automatizzate e distribuite capaci di produrre ogni tipo di bene per terzi) esattamente com’è accaduto con i server i dati e il software.
Il geniale modello interpretativo di Karl Marx, attraverso il concetto di plusvalore, ha aiutato, con la semplificazione, i protagonisti dell’èra industriale a contendersi la ricchezza prodotta e ha condizionato le Istituzioni degli stati moderni rendendoli protagonisti della regolazione e della redistribuzione. Quel modello è diventato un limite, non ci aiuta più a capire! Oggi più del capitale e del lavoro possono le piattaforme di imprese globali: nuove rendite che sfruttano le informazioni generando asimmetrie incolmabili dal singolo utente e dai singoli stati. Senza la forza delle piattaforme, la comunicazione e la gestione dei dati, il capitale e il lavoro sono deboli. La ricchezza (il plusvalore) si crea in maniera frammentata, sfugge al controllo. La redistribuzione è diventata inafferrabile e contraddittoria, travalica continenti e culture.
Salvini e Meloni propongono ricette incapaci anche solo di scalfire questa complessità, ma il loro messaggio parla alla pancia e convince portandoci però in un vicolo cieco. Altrettanto cieco è interpretare il mondo iperconnesso dell’innovazione digitale con le lenti dell’èra industriale. Alla sinistra servirebbe un nuovo modello interpretativo capace di aiutare le masse a partecipare alla contesa per il valore emancipandole dalla falsa coscienza.
La sinistra può provare a proporsi come il soggetto capace di coniugare coesione sociale e innovazione. Dovrebbe però concentrarsi sull’analisi e la capacità di organizzare la partecipazione per la redistribuzione di diritti e ricchezza, combattendo le nuove rendite. Dovrebbe smettere di criminalizzare l’innocuo Salvini che propone irrealistiche chiusure e aprire una sfida sul merito. Dovrebbe promuovere una stabilizzazione istituzionale coinvolgendo Salvini sul terreno delle riforme ancorandolo alla durezza della realtà, costruire un terreno comune e una piena legittimazione reciproca, per la legge elettorale e l’elezione del capo dello stato.