Salvini alla festa della Lega di Pinzolo con la divisa della polizia penitenziaria (LaPresse)

Un giusto equilibrio tra apertura e inclusione

Marco Gay

Il nazionalismo nasce dalle paure: perdere la propria identità culturale, il proprio benessere economico, la propria autonomia politica. E’ una risposta che i cittadini chiedono alla politica quando le aspettative per il futuro sono peggiori per il presente e la politica non sa offrire soluzioni credibili che migliorino queste aspettative. E allora, in mancanza di un progresso positivo e credibile, si tende a conservare, a chiudersi. Con un effetto che si autoalimenta perché il nazionalismo è esso stesso un freno e un pericolo per la società e per l’economia; magari riscuote successo per modeste soddisfazioni elettorali e di redistribuzione economica di breve periodo, ma nel medio allarga le differenze e indebolisce le opportunità. Insomma, il nazionalismo nasce dalla debolezza e genera debolezza. L’unico modo per batterlo è quindi creare le condizioni per tornare forti, come pensiero, come crescita economica, come miglioramento sociale.

 

Impresa, innovazione, digitale e saper fare sono gli elementi che, se coordinati da una concreta e lungimirante politica industriale e da una consapevole attenzione ai diritti, possono far tornare forte un paese. La globalizzazione ha generato effetti positivi innegabili a livello mondiale, ma è evidente che ha anche determinato transizioni dolorose nelle classi medie dei paesi più avanzati: crescita delle disuguaglianze, delocalizzazioni, riduzione del potere di acquisto e concorrenza dei prodotti e servizi più economici di Cina e Est Europa.

  

Il nazionalismo si contrasta e si batte se pubblico e privato sapranno gestire queste transizioni da una parte proteggendo chi non riesce a stare dietro al progresso (dalla formazione al sostegno al reddito) e dall’altra investendo su chi il progresso può guidarlo (imprese, giovani, talenti). L’approccio corretto non è il fanatismo dell’apertura di ogni frontiera a ogni costo, ma un giusto equilibrio fra apertura e inclusione, valorizzando i propri asset e puntando sulla dimensione di scala europea, consapevoli che, con regole chiare e certe, la concorrenza ci aiuta a crescere e la collaborazione ci aiuta a vincere dentro e fuori dai mercati.

  

Il grande patrimonio industriale e innovativo che possediamo può fare la differenza, e le imprese, dalle startup alle grandi industrie del nostro paese, devono poter contare su un ecosistema solido, capace di raccogliere le sfide e trasformarle in opportunità. Allo stesso tempo devono assumersi la responsabilità di pensare in grande, prendere il made in italy e portarlo nel futuro, senza scorciatoie ma con la consapevolezza che abbiamo tutte le carte in regola per continuare a essere protagonisti.

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