Competere. Perché si possono sottrarre elettori anche a Salvini
Il vero segnale non è l’Emilia di Bonaccini. È la Calabria di Jole Santelli. La vera notizia non è la mancata vittoria di Salvini in Emilia (tutti sanno piuttosto scontata), ma il freno della crescita della Lega al sud. Dove le ambizioni di Salvini sono frenate dal suo alleato moderato. E’ ossigeno per Forza Italia. Ma solleva una domanda a sinistra: c’è un modo per battere Salvini senza allearsi con lui? E’ banale dire che il problema del Pd e del centrosinistra è tutto qui? Il Pd, giustamente, evidenzia la tendenza bipolare delle elezioni recenti. Ma resta che, in questo bipolarismo, continua a non esserci partita. Finché Salvini non si sgonfia. E’ tempo di coraggio. La via per frenare Salvini c’è: demitizzarlo. Si può dire? Occorre l’esatto opposto del metodo delle Sardine a Bologna: lì, grazie anche a loro, Salvini ha perso per attivazione dell’elettorato di sinistra e per smodatezza ingorda e infantile delle proprie ambizioni. Ma senza frenare la propria crescita elettorale. Per batterlo nel resto d’Italia serve, invece, un po’ di copia e incolla del metodo Jole in Calabria. Penso a due cose. La prima: “normalizzare” Salvini.
Mostrificarlo è servito solo a esaltarne la centralità. Ora è il tempo, se volete batterlo, dell’opposto: una gigantesca minimizzazione del Truce. Ringraziamo le Sardine e spostiamoci sulla politica. Battere Salvini impone la correzione dell’immaginario che si è imposto: quello che lo personifica come pericolo autoritario e gli mette felpe e stivali di improbabile facitore di svolte eversive. Ossessioni e iperboli che hanno solo prodotto la lievitazione della figura. Un boomerang. Per battere Salvini va ripristinata la sua figura, reale ed effettiva, al posto dell’alias, dell’avatar in cui lo ha prolungato e gonfiato una sinistra autoflagellante. Il leader della Lega non è un golpista. Piuttosto è quello che fa mangiare le mani al Cavaliere e ai dirigenti del centrodestra: un politico in erba, alquanto versato in autogol, in mosse tattiche dilettantesche e dispensatore di imprevedibili regali agli avversari. Se ne possono contare ben tre in un anno e mezzo: il governo con Di Maio, la crisi di agosto, l’azzardo sull’Emilia. Insomma, normalizziamo Salvini. Magari, costringendolo e coinvolgendolo alla dialettica politica: metodo Giorgetti per intenderci. Non basta. Occorre cogliere il secondo suggerimento del metodo Jole: voltare, finalmente, lo sguardo da Salvini e volgerlo ai suoi elettori. La sinistra, per pregiudizio culturale e residuo ideologismo, si è convinta che gli elettori di Salvini siano fatti della stessa natura del Capo: irriducibili alla causa progressista. Neanche ci si prova a conquistarli. E si tratta di un terzo del paese, e in un continuum sociologico e territoriale, dal nord al sud (passando per il centro). Prigioniera di un dibattito surreale, la sinistra si lacera sul dilemma “facile” di come recuperare il volatile, spaesato e vagabondo elettorato pentastellato, ma si tiene ben lontana dal tema chiave per vincere le elezioni politiche: si possono sottrarre elettori a Salvini e alla destra? Può la sinistra confezionare un’offerta politica attrattiva agli elettori di Salvini? Sembrerebbe che questa domanda rappresenti, di per sé, uno scandalo a sinistra. E’ plausibile immaginare, penso al Pd per ovvie ragioni di numero e dimensioni, un’offerta politica “a vocazione maggioritaria”, gradevole alle classi medie, agli oberati dalle tasse, al popolo del pil, all’affluente massa dei discontent della decrescita? La sinistra ha la tendenza a sostituire categorie sociologiche e culturali (il sardinismo, l’ambientalismo, la solidarietà, l’accoglienza ecc. ) agli elettori in carne e ossa. Si ostina a illudersi, ad esempio, che autoconfinandosi nel recinto della povertà, nella retorica degli ultimi e della protezione, si rende anima bella e nobile. E, invece, si è solo socialmente ed elettoralmente ristretta. E resa, purtroppo, poco competitiva nella profanità delle urne. Dove conterebbe, più che la ricerca di identità ristrette e di distinzioni antropologiche, come qualcuno sproloquia, dall’elettorato di destra, la capacità – sulla sicurezza, sulle tasse, sulla droga, sul governo delle migrazioni, sulla confusione tra sovranità nazionale e sovranismo – di interazione con le preoccupazioni e le aspettative degli elettori di Salvini. Insomma competere. Non vedo altra via per batterlo. Oggi, ma anche nel 2023.