Così la baruffa sulla prescrizione rilancia la maggioranza Ursula
Perfino nei grillini c'è chi auspica l’ingresso di una nuova componente in maggioranza. Immobilismo (per ora) tra gli azzurri
Roma. Andrea Orlando ha appena evocato l’ipotesi del rinvio (“Non sarebbe una soluzione definitiva, ma se Bonafede la proponesse sarebbe un bene per tutti”), che Alfredo Bazoli scuote il capo: “Sono scettico. Certo, anche l’ipotesi del nuovo lodo, col blocco della prescrizione solo dopo due gradi di giudizio, a molti dei nostri non piace, anche se ci consentirebbe a quel punto di avere le mani libere su una riforma vera del processo penale”, dice il capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera. “Però imporre al M5s un rinvio significa far esplodere l’ala più refrattaria a questa alleanza di governo”. E tuttavia, quello che a Bazoli appare come un rischio, a tanti sembra quasi una speranza. Forse perfino a Giuseppe Conte, che col suo staff parla del rinvio come di “un’ipotesi che non c’è, per ora”, evitando appunto di troncarla del tutto, quell’ipotesi. Ma lo è senz’altro per una parte dei riformisti del Pd, che intorno all’ipotesi della maggioranza Ursula, per arginare le derive peggiori del grillismo, ci ragiona da mesi, specie al Senato (dove infatti Andrea Marcucci è il più perentorio nell’invocare un rinvio “fino alla riforma del processo penale”) sorprendendosi semmai dell’immobilismo azzurro.
Di cui, però, iniziano a stancarsi proprio quei parlamentari vicini a Mara Carfagna che vedono il varco per entrare in maggioranza, o quantomeno per provarci, e non si capacitano dell’inerzia. “Il coraggio non è stato dato a tutti, e chi non ce l’ha non può darselo”, sbuffa Massimo Mallegni, senatore che fa parte di Voce Libera. E lo fa mentre siede su un divanetto del Transatlantico accanto a Giusi Bartolozzi, deputata forzista vicina pure lei alla Carfagna, che sospira, trovando conferma nell’assenso di Luigi Casciello: “Ci sarebbe un’autostrada per noi, e invece stiamo fermi”.
E così accade che perfino nei grillini l’ingresso di una nuova componente in maggioranza viene auspicata. “Del resto tutto è in movimento, da Leu fino al centrodestra”, dice Giorgio Trizzino, governista a cinque stelle. “La vera soluzione – prosegue il deputato siciliano – sarebbe creare una truppa parlamentare di moderati pronti a dare una mano, in maniera più o meno organica, così da togliere ogni potere di ricatto a chi minaccia sfracelli e non vuole mai scendere a patti”. Non lo cita, Trizzino, ma è evidente che ce l’ha con Luigi Di Maio. Il quale interrompe il suo esilio mediatico alla Farnesina per invocare, manco a dirlo, la piazza. Da ministro degli Esteri, con la cravatta ben annodata intorno al collo, parla da barricadero: “Non permetteremo che cancellino le nostre leggi”. E non è solo la voce del capo redivivo, a indicare la linea dell’intransigenza, se anche Stefano Patuanelli, che pure incarna l’ala più dialogante del M5s, mentre beve un caffè alla buvette gonfia il petto: “Noi non ci muoviamo da qui. Lo stop alla prescrizione è già legge dello stato: perché bisogna cambiarla? Si intervenga semmai sui tempi del processo, su cui da parte nostra c’è piena disponibilità al confronto”. E però non basta. Perché anche nel Pd restano convinti che una modifica alla legge Bonafede vada trovata: “È da sei mesi che lo chiediamo al Guardasigilli, non è un capriccio dell’ultim’ora”, allarga le braccia Walter Verini. E se l’ipotesi di un rinvio verrà scartata in commissione Bilancio, dove si discute il Milleproroghe, il 24 febbraio approderà in Aula il pdl Costa, che di fatto stralcia la riforma Bonafede. “E poi, in ogni caso, se ne riparlerà al Senato, dove siamo decisivi”, ha spiegato Renzi ai suoi parlamentari. “La tensione andrà avanti per settimane”. Ed è proprio nello stallo delle Camere che il leader di Iv proverà a ridefinire i perimetri della maggioranza. “Certo, può essere quello anche il retropensiero del Pd, ma è un azzardo pericoloso”, dice il sottosegretario grillino Carlo Sibilia. “Se qualcuno vuole usare la prescrizione, o la revoca ad Autostrade, per provare a costruire un’altra maggioranza, si accomodi. Ma senza i nostri cento senatori, è dura”, dice il suo collega Gianluca Castaldi, alfiere della fermezza.
Ma la situazione è così fluida, nel M5s, che neppure si è riusciti a individuare un proprio candidato alla commissione d’inchiesta sulle Banche, lasciando che fosse un vertice dei capigruppo a trovare l’accordo su Carla Ruocco. E in un tale marasma, figurarsi se si possa escludere che una parte dei grillini deciderebbe comunque di restare aggrappata al governo, qualsiasi cosa dovesse accadere. Se lo chiedono, a ora di pranzo, anche una decina di deputati davanti alla buvette: “Ma se in caso di crisi Giuseppe Conte decide di fare un gruppo suo – chiede il siciliano Luciano Cantone – noi cosa facciamo?”. La domanda resta a mezz’aria, senza risposta.