Gianluca Perilli (foto LaPresse)

Il capogruppo del M5s ci dice perché non si fida dei responsabili di Forza Italia

Valerio Valentini

"Un loro ingresso nella maggioranza mi sembra improponibile, e comunque per noi diventerebbe difficile da gestire. Molto difficile”

Roma. A vederlo così, camminare pensieroso nella quiete irreale del lunedì mattina tra i corridoi del Senato, sembra quasi un generale che si prepara alla battaglia campale. “Ma voi dite che davvero ci sarà lo scontro finale?”, chiede allora Gianluca Perilli, capogruppo del M5s a Palazzo Madama, che interroga con finta ingenuità i cronisti che lo seguono. “A me sembra che la maggioranza abbia dei confini definiti, e non vedo margini per cambiarla o allargarla. Un ingresso di Forza Italia mi sembra improponibile, e comunque per noi del M5s diventerebbe difficile da gestire. Molto difficile”.

 

E però ciò di cui si vocifera, in Parlamento, non è esattamente un ingresso di Forza Italia, ma semmai di singoli esponenti, magari riuniti in un gruppo di responsabili a cui far ricorso per fare fronte all’eventuale fuga della pattuglia di Italia viva. “Se in altri partiti si sta lavorando per creare delle componenti nuove, non lo so. E non commento ciò che accade in casa d’altri. Ma se nuovi senatori oggi all’opposizione dovessero andare nel Misto e da lì dare il loro voto di fiducia al governo, nessuno potrà certo impedirglielo. Però, è bene chiarirlo, sarebbe un voto, diciamo così, di cortesia: nel senso che comunque non si aggiungerebbe un piede al tavolo della maggioranza”.

  

Dovrebbe insomma trattarsi di un sostegno disinteressato, motivato da null’altro che dalla paura di perdere la poltrona. “Ognuno prenda le decisioni che ritiene. Ma non si può pretendere che ai vertici di maggioranza partecipino anche eventuali nuovi gruppi di responsabili. Anche perché questo finirebbe per destabilizzare il quadro più di quanto non aiuterebbe a definirlo”.

  

E dunque, se queste sono le premesse, figurarsi se il M5s accetterebbe di buon grado una promozione di eventuali responsabili forzisti a posti di sottogoverno. “Non esiste, suvvia. Certo, questa è una legislatura strana: ma mi pare un’ipotesi irrealizzabile”. Neppure se si dovesse pensare di rimpiazzare le due ministre renziane, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti? “Per cui loro escono ed entrano due ministri in quota responsabili? Assurdo. Sarebbe difficile da spiegare agli elettori, peraltro”.

 

E però, per quanto cristallino, quello di Perilli non sembra un ragionamento in sintonia con gli umori di Palazzo Chigi, dove un “Conte ter”, con l’ingresso di nuovi parlamentari, sembra visto con favore. “Francamente, non so quali siano i movimenti in atto. Posso solo dire che per noi del M5s sarebbe difficile reggere un nuovo cambio di assetto che preveda rinforzi provenienti dall’area di Forza Italia”.

  

Il che, brutalizzando, equivale forse a dire che il M5s non ha superato quella pregiudiziale antiberlusconiana che invece Conte, l’“avvocato del popolo”, un po’ per indole trasversale e un po’ per necessità di sopravvivenza pare avere tranquillamente archiviata. “Mi limito a sperare questo, io: e cioè – prosegue Perilli – che non si utilizzi un eventuale sostegno tattico al governo per risolvere questioni interne ai vari partiti. Non credo che sia opportuno scaricare sull’esecutivo questo tipo di tensioni”.

 

E poi c’è Matteo Renzi. “Eh”, sospira Perilli, mentre s’avvicina al bancone della buvette, con un sospiro che è a metà tra l’esasperazione e l’incertezza. “Difficile capire cosa abbia in mente, Renzi. Certo è che se vuole creare un incidente in Aula, le occasioni non mancheranno nelle prossime settimane. Penso ad esempio al decreto sulle intercettazioni”. E poi c’è l’economia, il reddito di cittadinanza, il lavoro. “Sì, è chiaro che i pretesti non mancherebbero. Ma non capisco bene quale sarebbe l’obiettivo finale di una strategia che lo porterebbe ad uscire da un governo che lui stesso ha contribuito a far nascere”.

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