Un bravo giornalista della Stampa, di nome Marco Zatterin, la scorsa settimana ha postato su Twitter, che in questi giorni sta dando il meglio di sé, un passaggio bellissimo che Alessandro Manzoni dedicò nei Promessi sposi all’isteria generata dalla peste. La peste descritta da Manzoni, grazie al cielo, non ha niente a che vedere con il coronavirus, e ci mancherebbe, ma le parole usate all’epoca per inquadrare il complicato rapporto che si può instaurare tra ciò che corrisponde alla sfera del reale e ciò che corrisponde alla sfera del percepito, dove si annidano spesso paure irrazionali alimentate da esasperate convinzioni collettive, sono più attuali che mai e vale la pena riportarle per sviluppare un ragionamento utile a capire in che modo si può tentare di dare seguito all’appello lanciato giovedì scorso da Sergio Mattarella: evitare, in un momento di preoccupazione comprensibile come quello che stiamo vivendo, “stati di ansia immotivati e spesso controproducenti”. Scrive Manzoni: “Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare.
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