Una splendida quarantena
Casaleggio felice, tutti agli arresti domiciliari. Un immenso Grande Fratello con Casalino a Palazzo Chigi
Chissà quando tornerà la crescita: ma di sicuro per adesso arriva la ricrescita. Con la pandemia non siamo più un paese spaccato in due, ma tutti uniti nel grande lockdown che vede chiusi soprattutto i parrucchieri, neanche il tempo di un assalto per la messa in piega. Si sta a casa, non si esce. Anche noi siam qui su Skype, dopo giorni passati a ritrovar la password. E’ il momento solenne dell’unità nazionale, il gran riscatto di Giuseppi Conte, dal curriculum un po’ così alle gloriose pagine dei libri di Storia. La nemesi di un paese coi no-vax in parlamento è giustamente un golpe Burioni. Loro gridavano cose orrende e violentissime e ora sono terrorizzati, noi gridavamo cose giuste e ora siamo in una splendida quarantena.
AM: E’ chiaro che la vera disamina è: quarantena con terrazzo, balconcino, veranda (condonata in autocertificazione) oppure niente? Nell’ora più buia il “balcone vivibile” e gli ambienti “luminosissimi” ti cambiano la vita.
Si sta a casa, non si esce. E’ il gran riscatto di Giuseppi Conte. L’ora più buia con “balcone vivibile” o in “ambienti luminosissimi”?
MM: Anche per Instagram. Poco conta l’altrimenti fondamentale distinguo (condominiale o di proprietà?). A Roma, questi giorni di Coronavirus sono caldissimi, la città magnifica, il cielo azzurro. Dunque – complice anche la quarantena – chi ha il terrazzo di proprietà se lo gode, chi ha quello condominiale si ingegna. Io non faccio altro che ricevere foto su whatsapp da amici che pranzano, solitari o molto distanziati, su terrazzi che non conoscevo, sullo sfondo di antenne o ciminiere o stenditoi che si vedono nonostante la funzione “ritratto” che sfuma i contorni. E’ la rivincita insomma del terrazzo condominiale, della Giornata Particolare. Io pure che ho un metroquadro di pianerottolo al sole, per la prima volta ho messo fuori un tavolino di quelli orrendi di plastica da camping per tedeschi, e mangio lì. Con un po’ di ingegno e un uso accorto dei filtri vengono foto niente male. La quarantena porta a un uso creativo delle parti condominiali anche più neglette.
AM: E a una comunità di condomini e “nude proprietà”, come direbbe Norbert Elias.
MM: E Perec: “Gli Italiani, istruzioni per l’uso”. Nei primi giorni l’individualismo delirante del paese si è espresso in un generale caos in “esterna”. Poi adesso siamo indoor. L’otto marzo-otto settembre ha visto gli italiani senza ordini fare quello che volevano, chi prendeva il treno, chi andava in palestra, chi fuggiva da Milano in taxi. Subito molto vituperati i fuorisede anche con parole molto razziste (si dice fuorisede, si intende terroni). Però fuggire da Milano nel momento in cui Milano si ferma a me pare una reazione molto comprensibile, se non si è di Milano e non si hanno case a Courma o Camogli e si vive nella mesta periferia non ancora gentrificata, magari in sei. Se devo stare a casa, meglio al paese rustico tra le soppressate. E poi Milano “che non si ferma” (ma si ferma) fa abbastanza paura, con gli slogan, l’aggressività e la paura e i suoi riti per sconfiggerla – l’ultima trovata, bisogna urlare “Milano tornerà” per dieci volte consecutive, oggi, sabato, alle 18, tutti insieme, aprendo le finestre. Boh. Pare che la città offesa non riesca a reagire proprio dove era più forte, nella comunicazione e réclame. Ma intanto le altre città la copiano tutte, anche a Roma, “Affacciati alla finestra Roma mia!”.
Va bene lo scatto d’orgoglio, ma l’idea di mettersi a urlare tutti insieme alla finestra è da pubblicitario in astinenza
AM: Va bene lo scatto d’orgoglio, ma l’idea di mettersi a urlare tutti insieme alla finestra è da pubblicitario in astinenza, una comunità di cocainomani, direbbe sempre Elias. Molto meglio la preghiera aerea dell’arcivescovo Delpini, in cima al Duomo. Scena potente e trascendente, dal messaggio inequivocabile: la Milano degli anni Ottanta è finita l’8 marzo del 2020. Dopo la pandemia (che tutte le cazzate se le porta via) ecco l’“elogio delle responsabilità”. Ecco cioè un nuovo tipo di italiano che dai e dai scopre l’inflessibile e coercitivo mondo delle regole da rispettare. Solo che qui il sospetto è legittimo. Questa esaltazione degli italiani che sanno stare a casa come nessun altro, che faranno vedere al mondo intero come si sta a casa per davvero è anche una faccenda un po’ delicata. Se qui passa il messaggio subliminale che alla fin fine possiamo vivere anche senza fare un cazzo (come un po’ dalle nostre parti si è sempre sospettato) sarà un vero problema ripartire. Un micidiale upgrade della cultura del reddito di cittadinanza, la sua fase ultima, terminale e oblomoviana: il divano di Stato, apocalittici e cassintegrati.
MM: La scuola l’ha capito prima di tutti. I Cobas non vogliono assolutamente che i professori usino la quarantena per far lezione online. Si sentono scavalcati a sinistra dal virus. Vogliono mettere bene in chiaro che il paese si ferma solo quando lo dicono loro.
AM: Cobas contro coronavirus è uno scontro da Avengers. E intanto i professori sono terrorizzati perché la pandemia ha rotto definitivamente l’argine. E-learning o barbarie. I genitori a casa senza niente da fare sono scatenati. Non contenti di essere dentro whatsapp, vogliono essere dentro la classe. Un mio amico che sta tentando di fare la didattica online si sente dare consigli tipo “guardi che Microsoft sta sviluppando una piattaforma molto più efficace per il telelavoro”.
MM Per fortuna c’è chi, pur non tenuto e non richiesto, offre il suo sapere al paese. Così per esempio Clemente Mastella ha deciso di fare una scuola politica online da Benevento; l’ex ministro si è messo a insegnare “educazione civica ai ragazzi. Un’ora al giorno dedicata a spiegare come funziona la politica, il parlamento. Lo faccio da casa mia. I ragazzi sono collegati, mi possono sentire e vedere. Prima lezione: i comuni: gli assessori, la giunta, il consiglio comunale. Vado avanti finché le scuole non riaprono” (lo ha detto a La Verità). Non resisto e vado subito a vedere questa masterclass anzi Mastelclass. Mastellone spiega la Costituzione citando Aldo Moro, sul fondale di un trompe l’oeil che simula una balconata e dietro un cielo azzurro, tipo Domenica In degli anni d’oro. “Sono ben ottomila i comuni italiani!”, scandisce Mastella, con una signorina che effettua anche il linguaggio dei segni.
AM: Allora vogliamo anche Cecchi Gori con la masterclass di cinema ai domiciliari e il sottopancia #iorestoacasa che vale anche come autocertificazione.
MM: Ognuno si ingegna come può. Jovanotti fa un Jova Home Party a casa sua. Nicola Porro, il nostro Tom Hanks, racconta il morbo minuto per minuto. Quelli di Allen Carr, “smettere di fumare è facile se sai come fare” fanno i seminari online. Così smettete tutti di fumare che è meglio, lo ha detto anche Barbara Palombelli in tv. Che ha spiegato anche come ricavare una mascherina dalla carta-forno. Io ormai la guardo tutte le sere.
AM: Rete 4 è diventata la nostra Cnn. Palombelli bravissima. E col ritorno della vita in cortile, delle edicole e della spesa razionata, un bel tuffo indietro ai beati anni di Paolo Brosio e “mani pulite” (prima stagione) ci sta. La Rai invece ha bucato tutte le emergenze, a cominciare da quella clamorosa della notte tra il 7 e l’8 marzo. Migliaia di persone in fuga da Milano, notizie impazzite, decreti in bozza e intanto si cantava tutti insieme con Morandi, peggio del Titanic. Certo ora i cantanti fanno i live streaming o gli appelli cantati. Ma nelle grandi democrazie liberali l’azione, anche quella cantata, è sempre concertata. Gli americani fanno “We are the world”, tutti insieme, diretti da Quincy Jones, idem gli inglesi. Da noi ogni cantante fa un po’ l’appello che gli pare, come regioni, province, comuni.
MM: Intanto Gianni Morandi va al parco e viene insultato dal popolo dei social.
AM: Perché il coronavirus esalta anche la nostra grande predisposizione alla delazione. Il tradimento, l’agguato, la denuncia, l’imboscata col telefonino per immortalare il vicino di casa che ci sta antipatico per via di qualche metro quadro in più o del Suv. Il gusto di fotografarlo mentre esce a fare shopping o si fa l’aperitivo a spasso e metterlo sui social taggando Burioni. Tiè. Mo t’arestano. Come quei poveracci beccati a giocare a carte su una panchina dell’Eur. Blitz della polizia, tipo “Minority Report”. Mah.
MM: Il sogno della Casaleggio, un paese ai domiciliari, un grande GF con Casalino a Palazzo Chigi.
AM: Ma anche il sogno di Cairo. Niente pubblico. Una televisione fatta tutta su Skype. Costo zero, neanche più la spesa dei buoni taxi per l’ospite. E ascolti alle stelle.
Io tra Burioni e Ilaria Capua, che è un po’ Milva contro Mina, scelgo Roberto Gallo. Gran piglio lombardo, uno che va subito al sodo
MM: RaiTre rimanda tutto Eduardo de Filippo, il ritorno della tv pedagogica! L’ha detto anche Aldo Grasso. E senza diritti da pagare.
AM: Con il lancio “Speciale Tg1 Pandemia” dell’altra sera che ha annichilito in un secondo la sezione horror, sci-fi e disaster movie di Netflix. Ecco la rivincita del Servizio Pubblico. Ma non si capisce come mai mentre tutti donano abbonamenti “premium” gratis per tre mesi (Vogue, Amazon Prime, il meglio del porno in free download) il canone dobbiamo continuare a pagarlo. Ma la tv è il vero vincitore per ora. Una tv che ha ormai una nuova galassia di personaggi. Via i politici, dentro i virologi. Io tra Burioni e Ilaria Capua, che è un po’ Milva contro Mina, scelgo Roberto Gallo. Gran piglio lombardo, molto illuminista, uno che va subito al sodo e non allarma né tranquillizza, non lancia #hashtag, non rompe le palle sui social e si scoccia a stare in tv perché deve lavorare. Maschera perfetta da “cumenda” della nostra migliore commedia del boom. E’ una nuova commedia medica, un ER all’Italiana; ecco un virologo di Carpi, un dentista di Mantova, un internista bona di Capua che si fa il selfie in corsia e ti dice l’oscura verità che nessuno vuole rivelare. E poi l’anestesista, la figura più misterica e ambigua, colui che agisce tra sonno e coscienza. Lui solo sa. E lo dice proprio a te, in un vocale. Di dieci minuti (cit.).
MM: E’ il trionfo dei consumi culturali mitomaniaci. “Io ascolto la Bohème”; “Io la Carmen”; “io riguardo tutto Heimat” sono alcune dichiarazioni che si sentono, seriamente. La mitomania e la mancanza della prova tolgono ogni residuo di vergogna. Si autocertificano con foto di testi impolverati presi dal ripiano più alto delle loro librerie e postandole su Instagram. E’ L’occasione per rileggere (inserisci testo implausibile). Serena Bortone posta una foto Instagram in cui legge un saggio di Pietro Citati, “su Tolstoj”. Tanti danno accorati consigli: Valeria Parrella mentre frigge i friarielli consiglia Conrad, “L’agente segreto”. Su Instagram spopola l’hashtag “Sos lettura”. E’ il momento di leggere. Anzi di rileggere. Anche insieme. Lettura e commento di “Della grammatologia”. Maratona Jacques Derrida, su Facebook. I social sono il nuovo cineforum.
Va bene gli appelli per lavarsi le mani, non uscire di casa, non andare al mare, ma dopo averci tolto tutto, l’appello per leggere no
AM: E’ partito il micidiale Decameron su Instagram #ioleggoacasa. Va bene gli appelli per lavarsi le mani, non uscire di casa, non andare al mare, ma dopo averci tolto tutto, pure il campionato, l’appello per leggere no. Ditelo allora che volete far odiare la letteratura agli italiani. Sempre questa cosa immutabile del libro come punizione. Prima a scuola. Poi nel mezzo delle disgrazie. Un buon libro per una quarantena riflessiva. L’italiano si mette casomai a scrivere. E se non tiriamo fuori Il Grande Romanzo Italiano adesso, non lo tiriamo fuori più.
MM: Sarebbe il momento giusto perché anche l’intellettuale, improvvisamente privato di presentazioni, cene, fiere, sagre del libro, recensioni marchetta, non ha più scuse per non scrivere. Così tra nove mesi, boom di nascite (i corona boomers) e soprattutto di romanzi sulla crisi di un intellettuale a piazza Vittorio che vuol fare la spesa online, ma la moglie borghese ma riflessiva appena giunta da Milano in taxi glielo impedisce, perché così facendo si discriminano i rider (tratto da una storia vera, quella di Michela, 30 anni, romana di stanza a Milano che mentre si diffonde il decreto della quarantena che crea la zona rossa lombarda, chiama un taxi, Como47, e dice: “mi porti a Roma”. “Una volta arrivati, dopo un lungo viaggio”, ha raccontato Como47, “è scesa la mamma per finire di pagare la corsa – spiega il tassista – che comunque la ragazza aveva già pagato quasi interamente”). Lei è ovviamente Alba Rohrwacher, intensa, lavora nell’editoria indipendente, vive a NoLo. La sua piccola casa editrice già non proprio fiorente col Coronavirus crolla. Infatti le vendite dei libri in questi giorni segnano meno venticinque per cento. Al crollo di vendite in libreria, prevedibile, non corrisponde però l’impennata che si vorrebbe negli ebook e sull’odiata Amazon. Insomma, nel segreto di casa propria, l’italiano non corre a leggere. Né a rileggere.
AM: Anche perché è impegnato a rileggersi i decreti per capire se può fare jogging. “Salvo che in situazione di necessità”; “Attestante mediante autocertificazione”; “Diverse da quelle di cui alla lettera precedente”; “In ottemperanza”; “Fermo restando”; “A esclusione dei casi in cui”; “Ovvero”, sempre nel senso di “oppure”. L’antilingua di Calvino, l’arabesco di Flaiano, il “paese senza” di Arbasino. Con questa lingua qui mica facile battere il Covid-19. Solo al terzo decreto Conte ha trovato il tono giusto, comprensibile a tutti, con quella bella frase, “rimaniamo distanti oggi per abbracciarci più forte domani”, che mi risuona ancora in testa con la voce di Tiziano Ferro. E giù lacrime italiane
(continua?)