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Cosa deve fare l'Italia per sfruttare la rivoluzione del Patto di stabilità

Giacinto della Cananea

Combattere le inefficienze burocratiche e investire sulla produttività. L’Europa è cambiata. E’ l’ora delle grandi svolte

Ancora una volta, è stata una crisi a comportare una svolta imprevista, ma fondamentale per la costruzione europea. Dopo che Ursula von der Leyen aveva manifestato l’intenzione sia di fronteggiare l’emergenza sanitaria con aiuti immediati alle popolazioni più colpite dal virus, sia di prevenire la recessione economica che si annuncia, venerdì scorso la Commissione ha proposto all’Ecofin la sospensione generale del Patto di stabilità. La proposta è stata accolta. Per chiarire l’importanza di questo evento, è bene ricordare perché il Patto sia stato adottato e indicare le prospettive che si aprono, per l’Italia e l’Europa. L’Unione creata dal Trattato di Maastricht (1992) si limitava a richiedere a ciascuno Stato membro di garantire la stabilità dei propri conti pubblici, riducendo il disavanzo e il debito pubblico entro una determinata soglia. Rispettando questa condizione, esso conservava il potere di determinare la propria politica di bilancio. Era un buon equilibrio tra l’autonomia degli Stati e la necessità di evitare scelte azzardate. Il merito fu di governanti illuminati come Guido Carli e Jacques Delors. Purtroppo, i loro successori commisero due errori. Il primo fu di rinunciare ad accrescere il bilancio dell’Unione, l’unico che avrebbe potuto finanziare investimenti a vantaggio di tutti i cittadini europei. L’altro fu di accettare la richiesta del ministro delle finanze tedesco, Theo Waigel, di adottare il Patto di stabilità e crescita (1997), che stabiliva regole più rigide rispetto a quelle di Maastricht, fissando l’obiettivo del bilancio in pareggio o in attivo, che né la Francia, né la Germania stessa furono in grado di rispettare all’inizio del nuovo secolo. Eppure, quella regola fu ribadita nel Fiscal Compact. A questi errori, l’Italia ne aggiunse un altro: anziché destinare le risorse agli investimenti pubblici, le utilizzò per erogare denaro a singoli e gruppi, per dare aiuti e sgravi fiscali ad alcuni imprenditori. Se questo errore non fosse stato commesso, si sarebbe potuto ridurre il divario infrastrutturale rispetto agli altri partner. Non si può quindi addebitare all’Unione quel divario e i nostri modesti risultati, pur se essa si è preoccupata della stabilità, non della crescita.

 

Di fronte alla nuova crisi la Commissione ha proposto di ricorrere alla clausola introdotta nel 2011, che prevede la sospensione del Patto. La clausola può essere attivata nel caso d’una grave recessione economica dei paesi che utilizzano l’euro o dell’intera Ue. Gli Stati membri possono così discostarsi dall’obiettivo di un bilancio in pareggio o in attivo, che è discutibile in circostanze ordinarie ed è irrealizzabile in circostanze straordinarie, come quelle che stiamo vivendo. L’Ecofin ha condiviso l’analisi della Commissione sulla necessità di evitare danni permanenti alle economie e alla sostenibilità dei conti pubblici. Ha ritenuto, quindi, che vi fossero le condizioni per la sospensione generale del Patto, pur precisando che esso resta in vigore. Vi sono, quindi, le premesse per un’inversione di rotta. Tuttavia bisogna evitare di ripetere gli errori commessi in passato. L’Unione deve dotarsi di risorse finanziarie adeguate a sostenere gli investimenti per l’intera Europa. Per farlo, occorre vincere le resistenze di alcuni governi, come quello olandese, i quali invocano una concezione frugale del bilancio europeo, dimenticando che fu proprio un acuto pensatore olandese, Bertrand de Mandeville, a dimostrare all’inizio del Settecento che la ricerca della frugalità può compromettere il benessere generale. L’Italia, dal canto suo, deve utilizzare i bilanci pubblici per procurarsi gli strumenti necessari per fronteggiare l’emergenza sanitaria, rafforzare il capitale umano, finanziare investimenti nelle infrastrutture materiali. Ve n’è un gran bisogno: per costruire reti ad alta connettività, mettere in sicurezza le opere pubbliche per i trasporti, ammodernare l’edilizia scolastica e carceraria. Se questa occasione verrà colta, oltre ai cittadini, potranno beneficiarne le imprese innovative, se verranno semplificati i procedimenti amministrativi ed eliminate le inefficienze burocratiche. La tendenza negativa può essere invertita, con un’azione coordinata e duratura, le cui basi vanno subito gettate.