La complicata trattativa di Conte
Il premier messo in minoranza sul Mes dal M5s schierato con Lega e FdI
Roma. Proprio mentre Giuseppe Conte, impegnato in una delicata trattativa europea, tenta di ergersi a rappresentante dell’unità nazionale si rende conto che non riesce a tenere neppure l’unità della maggioranza. E non per colpa del solito Matteo Renzi – a torto o a ragione ripetutamente accusato di cannoneggiare contro il suo governo – ma a causa del partito di maggioranza relativa, proprio quello che ha espresso Conte come presidente del Consiglio. Negli ultimi giorni, il M5s ha scatenato un’insensata campagna contro il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che di fatto ha legato una mano del premier dietro la schiena e indebolito la sua posizione al tavolo europeo delle trattative. Ha iniziato lunedì il capo politico del M5s e viceministro dell’Interno, Vito Crimi: “Il Mes è una delle zavorre di cui ci dobbiamo definitivamente liberare per costruire finalmente l’Europa del XXI secolo”, ha scritto sul Blog delle stelle. Alla vigilia del Consiglio europeo di giovedì, ha sparato un colpo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un’intervista al Corriere: “Il Mes non è una strada percorribile in quanto non farebbe altro che creare nuovo debito”. Infine, ieri, un’iniziativa politica formale: 40 senatori del M5s – tra i firmatari Lannutti, Toninelli e Morra – hanno depositato un’interrogazione in cui chiedono al governo, non solo di opporsi all’eventuale attivazione del Fondo salva stati per rispondere alla crisi, ma persino la “totale abolizione del Mes”.
Naturalmente l’abolizione del Mes è roba molto complicata, a partire dal fatto che i fondi sono impegnati nel piano di assistenza alla Grecia, e da cui l’Italia recupererebbe pochi miliardi. Ma è una posizione molto pericolosa per la stabilità finanziaria del paese, in una situazione già molto complicata. In teoria l’Italia può, con un voto parlamentare, uscire dal Mes. Ma il giorno dopo sarebbe fallita. Anzi, il giorno prima, visto che per scatenare la reazione dei mercati basterebbe solo l’annuncio. Perché senza il Mes, che è un elemento portante dell’architettura europea, l’Italia si ritroverebbe senza rete di protezione: non solo non potrebbe accedere al Fondo salva-stati, ma le verrebbe a mancare anche l’intervento della Banca centrale europea attraverso le Omt, ovvero l’acquisto diretto e illimitato di titoli di stato che può essere attivato solo in presenza di un programma di assistenza con il Mes.
Come si è già visto lo scorso dicembre, con la campagna politico-mediatica che ha portato l’Italia su una posizione di blocco della riforma del Mes – una riforma che tra l’altro sarebbe stata di grande giovamento in questa fase perché avrebbe ridotto alcune rigidità – su questo tema il M5s è schierato con le opposizioni. Al punto che si può dire che esiste una maggioranza formata da M5s, Lega e Fratelli d’Italia che indebolisce la posizione di Conte in Europa. Per i paesi del nord, che non vogliono sentir parlare di Eurobond, “il Mes è lo strumento preferito” – così ha detto la cancelliera Merkel – per affrontare la crisi. In questo quadro, ciò su cui l’Italia può lavorare è la diluizione delle condizionalità, quasi a renderle omeopatiche, del Mes. Questa era la linea di Conte quando al Financial Times ha parlato di un’attivazione incondizionata. E’ vero che il primo obiettivo dell’Italia sono gli Eurobond ma la politica, come l’economia, spesso è fatta di second best. In quest’ottica l’aver espunto dalle conclusioni del Consiglio europeo qualsiasi riferimento al Mes non è detto sia stato un successo. E’ stata infatti una soluzione ben accolta anche dall’Olanda che, da una posizione opposta, temeva fosse il primo passo verso la riduzione delle condizionalità.