Lo stato può dare lezioni di efficienza alle regioni?
Il ministro Boccia, riferendosi all’attività delle regioni in campo sanitario, ha detto che “se non ci fosse lo stato non ci sarebbe quasi nulla”. Cosa non torna in questa esaltazione del centralismo
Il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, nel corso di una trasmissione televisiva ha sostenuto, riferendosi all’attività delle regioni in campo sanitario, che “se non ci fosse lo stato non ci sarebbe quasi nulla”. Il senso di questa affermazione è quello di esaltare il centralismo e la sua presunta efficienza per condannare per contrasto l’inanità degli sforzi delle autorità regionali. Molti fatti stanno a dimostrare però che le cose non stanno così: in realtà c’è stata larga collaborazione tra le regioni e la protezione civile e le forze armate, che sono gli strumenti operativi dello stato. Ma se anche, per assurdo, ci fosse uno squilibrio di efficienza a vantaggio dello Stato, sarebbe comunque un errore, a nostro modo di vedere, valutare l’operato delle regioni in un momento in cui sono sottoposte a una pressione inaudita sulle loro strutture sanitarie, che amministrano, peraltro, in virtù del dettato costituzionale. Ma alla luce della annotazione del ministro viene naturale domandarsi quale sia allora la funzione di un ministero per gli affari regionali: il senso comune suggerirebbe che questa funzione consista nell’assicurare il massimo di leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, evitando di fare il contrario. Naturalmente in questa fase tutti sono sottoposti a uno sforzo eccezionale e si può capire che qualche volta si perda il senso dell’equilibrio. Si è detto più volte che il tempo per le valutazioni verrà dopo la conclusione di questa terribile prova, che ora tutti debbono fare il possibile per organizzare una tenuta del sistema sanitario, della disciplina civica, dell’unità nazionale. Il sistema è complicato, quasi schizofrenico, con la sanità affidata in esclusiva alle regioni e la salute allo Stato, peraltro senza una chiara gerarchia a causa dell’emendamento costituzionale approvato a suo tempo dal centro-sinistra che mette tutti i livelli istituzionali (persino le province) sullo stesso piano.
Sarà bene che, passata la tempesta, si cerchi di rappezzare gli aspetti più contraddittori del sistema, in base alla dura esperienza maturata in questi mesi, ma anche per preparare il terreno a questa operazione non certo semplice servirebbe una dimostrazione di spirito di collaborazione e di riconoscimento reciproco degli sforzi compiuti. Non è troppo tardi per tornare a percorrere questa strada.