Il passo giusto di Conte e i suoi
Una classe dirigente, quasi senza saperlo e senza essercelo meritato, ce l’abbiamo avuta. Gioirne. Pensando a Bolsonaro e Trump
Breve appunto su una classe dirigente. Speranza prometteva meno del suo bel nome, con i suoi modi modesti, figura triste assai e silenziosa. Zingaretti si confondeva col fratello glamour, era impastato di una routine amministrativa “modello Roma”, provincia e regione Lazio, niente di brillante. Conte e Casalino ci avevano addirittura tramortiti, sembravano una coppia comica che non fa necessariamente ridere. E invece. Speranza parla poco, parla quando deve, ha modi professionali da politico senza enfasi, riluce della mediazione politica tra virologi entusiasti o troppo tristi, senatori distanziati, più i soliti buffoni che tuonano ovvietà, e lui sembra proprio una persona seria. Zingaretti ha avuto lo zerbino di casa come davanzale sulla realtà, i pasti precotti portati dai famigliari, un periodo di inquietudine da virus e di offuscamento da isolamento, muro a muro con lo Spallanzani, e ha governato l’internamento con saggezza, non sbagliando nessuno dei suoi pochi messaggi prima di tornare al lavoro. Conte e Casalino oscillano tra le inevitabili astuzie dell’autocertificazione, in un mare di odi e di sospetti, ma difendono la posizione con fermezza ribalda, anche quando i Panzer germanici obiettano alla mutualizzazione del debito grossetto e di suo già da tempo epidemico. Devo dirlo: sono molto contento di tutti loro, mi hanno rassicurato, si sono mossi con un tratto italiano che mi piace, e tutte quelle liti sulle mascherine, gli orari delle conferenze stampa, Facebook e governatori in ambasce e circolari varie mi sembrano piccole liti da cortile senza importanza.
Ci siamo già detti che l’idea pre-Papeete di un senatore Salvini con Barbara D’Urso alla guida orante dello stato in crisi e quarantena retrospettivamente fa una certa impressione. Vabbè, direbbe Masneri. Ma pensate agli americani. Trump che fa comizietti di immensa borgata, tutti i giorni, una volta per dire che il caldo sistemerà ogni cosa prima che emergano danni, una volta per dire che ci vuole lo stato di emergenza e la quarantena di New York, un’altra volta per dire che la cura è peggiore del male e a Pasqua si riapre, un’altra ancora, era ieri, per promettere ai cittadini attoniti due settimane di inferno. E non sai mai se o quando licenzierà Anthony Fauci per mettere al suo posto un anchor del Grande fratello epidemiologo. Oppure concentratevi e pensate a Bolsonaro, che ora torna impudente sui suoi passi sgangherati di piccolo delinquente di paese, dopo aver sbeffeggiato l’Italia e i suoi dolori, e i suoi lutti di “vecchietti”, dopo aver dato cautela istituzionale all’idea che sia tutta una scemenza, che bisogna fare lingua in bocca, altro che mascherine e distanziamento sociale, da mattina a sera. Di BoJo non so, mi è simpatico, ma con quella storia dell’immunità di gregge e dei “consigli” si era avviato su una china pericolosa, lui che il divertimento è il suo mestiere e il pericolo lo conosce solo dalle opere di Churchill. Ma vogliamo parlare di Mr Ping, uno solido ma di cui non sai quanto ti puoi davvero fidare, o di Putin, che ha scoperto tardino lo scafandro antivirale giallo e le sue virtù, e ora vediamo, o di Rohani o di Khamenei, governatori profetici in un’isola di disperazione circondata da terre stranamente quasi immuni?
Via, capisco lo snobismo, il neoliberismo dottrinario, l’amore per la beffa, il carattere rimpannucciato di un esecutivo nato per evitare i pieni poteri elettorali di un bullo, via, capisco che non siano, i nostri, tutto quello che avete sempre desiderato dalla politica e che non avevate mai osato chiedere, mica si può avere la trasparenza parlamentare di Budapest e la codificazione del potere di un Orbán. Ma chi può negare l’evidenza?
Si vedrà e si cercherà spero di certificare quanti e quali errori siano stati commessi, se non altro per non ripeterli e farsi trovare la prossima volta preparati, a suo tempo questo genere di accertamenti si proverà a ottenerli. Per la verità, abbiamo rimediato il peggio della pandemia, e in un momento in cui non era facile capire quella che poi è diventata la lezione cinese, in un momento mica semplice, con un’età media non molto promettente, e abbiamo fatto fronte. Bene, benone, non c’è malaccio? Non so. So che il caso e qualche strano virus nel virus hanno fatto di Lombardia, Bergamo, Brescia e altre zone rosse un laboratorio funesto per chi si ammalava e per chi curava. So che il prezzo in corso di pagamento è altissimo. Ma non si può negare, proprio no, che Conte e i suoi cari hanno preso il passo giusto per quella che non era una passeggiata, che una classe dirigente, quasi senza saperlo e senza essercelo meritato, ce l’abbiamo avuta, e che nella sua modestia questa congrega politica improvvisata e per definizione mediocre ci ha portato a disciplinarci, a costruire un argine, a tenere duro, e chissenefrega se con mille smagliature, finché il famoso plateau è stato a quanto pare raggiunto, e appena in tempo per evitare guai giganteschi, ancora più mostruosi di quelli che ci ha procurato comunque il corona. Non avrei voluto nessun altro in charge, per l’occasione, certo non uno di quegli strongman che hanno furoreggiato altrove.