Il viceministro Misiani: bene il risultato in Europa anche per il nostro nord
L'esponente del Pd, numero due di Roberto Gualtieri, è tornato a Bergamo dopo 38 giorni passati ininterrottamente al ministero dell'Economia: “La Ue sta facendo la sua parte”
Milano. Antonio Misiani è metodico, quasi didascalico, nella sua chiacchierata con il Foglio. E’ tornato a casa, nella sua Bergamo devastata, dopo 38 giorni passati ininterrottamente al Mef alle prese con l’altra emergenza, quella economica. Ha seguito da lontano la tragedia della sua città. Non ha trattenuto le lacrime in collegamento con il tg di Bergamo Tv, nei giorni in cui passavano le immagini delle bare portate via dall’esercito. “La nostra gente ha una capacità di resistenza sovrumana, ma questa ferita rimarrà aperta a lungo”, dice il viceministro dell’Economia.
Misiani sottolinea con forza quanto ha fatto fino ad oggi l’Europa: “Io sono europeista. Assolutamente europeista. Dobbiamo distinguere il ruolo delle istituzioni europee, che si sono mosse con rapidità per l’emergenza sanitaria ed economica, e il ruolo negativo di alcuni governi nazionali. Tutto quello che sta accadendo dimostra che c’è bisogno di Europa, e diciamolo chiaro: senza la Bce noi saremmo in condizioni drammaticamente peggiori”. Poi c’è la questione Mes. “Pensiamo a quello che è avvenuto in poco più di un mese. L’Europa in quaranta giorni ha compiuto passi che parevano inimmaginabili. Dalla sospensione del fiscal compact agli acquisti titoli della Bce senza quote nazionali, sino allo svincolo dei fondi europei e al programma di cassa integrazione comunitaria. Giovedì sono accaduti due ulteriori fatti positivi. E’ caduto il tabù della condizionalità del Mes. E il recovery fund proposto dalla Francia insieme all’Italia è stato accolto dall’Eurogruppo. Misure che complessivamente possono superare i mille miliardi di euro”.
E’ il miglior accordo possibile? “Sono convinto di sì. E’ chiaro che bisogna fare ulteriori passi, a partire dal Consiglio europeo dei prossimi giorni, per definire meglio i contorni del fondo per la ripresa, ma la Ue la sua parte la sta facendo. Semmai è il sovranismo economico di alcuni governi nazionali che frena”. Ora però si accende la polemica politica, in Italia. Il premier Giuseppe Conte si è detto contrario al Mes. “Noi lo abbiamo sempre considerato come uno strumento inadeguato ad affrontare uno choc simmetrico di proporzioni inaudite come la recessione indotta dall’emergenza Covid. Il nostro giudizio non cambia”. Sta dicendo che quello di giovedì non è un Mes, ma qualcosa d’altro? “Esattamente. E’ un meccanismo che chiamiamo Mes, ma che del Mes ha ormai solo il nome. E’ assolutamente diverso, slegato da ogni altra condizione e connesso all’emergenza sanitaria. Bisogna scordare la troika, la Grecia… E’ un’altra cosa. Diventa uno degli elementi di una cassetta degli attrezzi che si è molto rafforzata. Prezioso, anche se l’Italia non ha intenzione di farvi ricorso”.
Perché no? “Perché la nostra priorità è usare il recovery fund”. Per il nord che senso hanno le misure governative varate fino ad oggi? “E’ cruciale quello che sta facendo il governo per il Settentrione – spiega Misiani – La Cig, così come il sostegno per il lavoro autonomo, andrà in gran parte nel nord, dove è più forte il sistema produttivo e il lavoro indipendente. Il pacchetto liquidità da 750 miliardi per le imprese era chiesto a gran voce innanzitutto dalle aziende del nord e aiuterà tantissime tra queste a reggere l’urto e ripartire”. Difficile ipotizzare l’esito della crisi sanitaria, ma per quella economica ci sono outlook? “Tutto è condizionato dalla dinamica sanitaria. E’ quasi banale dire che prima la riportiamo sotto controllo e prima inizia la ripresa. Se questo non dovesse avvenire allora non ci sarebbe via d’uscita. La strategia del governo sta producendo risultati visibili nel miglioramento dei dati sanitari, ma la riapertura non potrà che essere graduale. Non ci possiamo permettere per nessun motivo di sbagliare le scelte in questa fase delicatissima. Una seconda ondata di contagi sarebbe mortale per il paese e la sua tenuta economica”. A proposito di nord, continua il braccio di ferro tra la Regione Lombardia e il governo. “Io detesto le polemiche e ancor di più quelle generate in una fase di emergenza nazionale. Ci sarà tempo per capire quello che non ha funzionato. Di sicuro il fatto che la Lombardia sia diventata uno degli epicentri mondiali non può essere solo frutto del destino cinico e baro. Ci sono tante cose che non hanno funzionato e che vanno cambiate”. Anche la Sanità privata? “Va sicuramente ripensato anche un modello che ha privilegiato gli ospedali di eccellenza indebolendo il presidio del territorio. Una strategia che ha mostrato tutti i suoi limiti rispetto a quello che hanno fatto altre regioni come il Veneto e l’Emilia-Romagna”.