"Se i miei compagni del M5s rimpiangono Salvini, agiscano di conseguenza", ci dice Battelli
Parla il deputato grillino. "Deluso dai miei colleghi., che fanno il gioco della Lega e della Meloni. L'accordo all'Eurogruppo è un buon punto di partenza. Ora puntiamo tutto sul 'recovery fund'"
Roma. Trattiene a stento una certa irritazione, Sergio Battelli. “E’ che a me le minacce non mi piacciono, e neppure la disonestà intellettuale”, dice il deputato del M5s, presidente della commissione delle Politiche Ue. “Se qualcuno dei miei compagni di movimento ha nostalgia del sovranismo e non si sente più a suo agio nel nostro gruppo, ne tragga le conseguenze”.
Ce l’ha, Battelli, con quella frangia di esponenti grillini che è salita sulla barricate contro il Mes, arrivando perfino - è il caso dell’eurodeputato Ignazio Corrao, o del viceministro Giancarlo Cancelleri - a evocare la cacciata di Roberto Gualtieri dal governo. “Io degli attacchi del genere, dei testi copincollati di bacheca in bacheca per protestare via social un minuto dopo la chiusura dell’Eurogruppo me li aspettavo non dai miei colleghi, ma da Meloni e Salvini”. Che, infatti, non hanno perso l’occasione di fare propaganda. “Sciacallaggio, direi. Far credere che ieri si sia ‘attivato’ il Mes è da irresponsabili, da avvelenatori di pozzi. Ricordo piuttosto che il Mes è stato ‘ratificato’ nel luglio 2012 dal Parlamento italiano, e in maggioranza non c'eravamo certo noi. Né al governo. Ma proprio per questo, non mi aspetto le strumentalizzazioni dai miei compagni di banco perché tutti sapevamo che non era stato attivato il Mes ed era compito di tutti i parlamentari del M5s mettere in chiaro questo aspetto. Alcuni, al contrario non l’hanno fatto”.
Insomma, quello raggiunto giovedì sera dall’Eurogruppo è un compromesso che Battelli difende. “E’ un passo importante nella giusta direzione. Ricordo che venti giorni fa c’era solo il Mes, tra gli strumenti possibili. Ora, gli stati membri ne hanno messi sul tavolo quattro. Ci sono i fondi della Bei e del Sure che andranno definiti meglio ma che sono sicuramente delle risorse utile per sostenere le imprese e difendere i lavoratori. E poi, soprattutto, c’è il ‘recovery fund’, il vero successo del negoziato del governo italiano. Inserendolo, abbiamo aperto una breccia, abbiamo poggiato le basi per una discussione che andrà poi affrontata dal consiglio europeo. Si è insomma chiuso il primo tempo di una partita che dovremmo giocarci fino al novantesimo sapendo che ora possiamo vincere”.
E forse, allora, l’errore è stato proprio quello di creare eccessive aspettative: quel perentorio “Mes No, Eurobond sicuramente sì” si sta ritorcendo contro Conte. “Non è così. perché il No italiano al Mes resta davvero categorico. Lo si è lasciato tra gli strumenti di aiuto possibili, ammorbidendone peraltro le condizionalità in modo perfino impensabile alla vigilia, ma non per questo lo siè reso obbligatorio. Se altri stati membri vorranno ricorrervi, si accomodino; l’Italia di certo non lo farà”.
Eppure, per mesi, potrebbe essere l’unico sostegno utilizzabile. “Per ora abbiamo la Bce che ci protegge, con uno sforzo finalmente importante dopo l’epic fail della presidente Lagarde. E nel frattempo, dovremo batterci per rendere operativo questo ‘recovery fund’, insieme alla definizione del nuovo bilancio europeo che dovrà essere ambizioso. E finita questa crisi, dovremo discutere di come rafforzare l’unione: se ci fosse stata una maggiore integrazione fiscale, lanciare gli Eurobond oggi sarebbe più facile. Gli Stati uniti d’Europa sono insomma l’unica sbocco possibile, se non si vuole che l’Europa si disgreghi”.
Per molti suoi colleghi del M5s questa sarebbe però un’ennesima, inaccettabile, cessione di sovranità. “Ognuno dovrà decidere cosa fare da grande. Io, per quel che conta, lo so già: sogno dei nuovi Trattati di Roma che superino le storture di quello di Lisbona”.