(foto LaPresse)

Strategia “Task force”

Valerio Valentini

Borrelli , Arcuri … e ora Colao delegato alla ricostruzione. Conte scansa le responsabilità, ma così corre un rischio

Roma. Chissà se è vero, come dice Matteo Renzi, che la forza di Giuseppe Conte sta nello “scansare le responsabilità”. Battuta maliziosa, questa, che l’ex premier ha condiviso coi suoi parlamentari per commentare in verità quello che a lui è parsa una buona notizia: “La nomina di Vittorio Colao a capo della task force per l’economia è un’ottima mossa”. E del resto, dell’ex amministratore delegato di Vodafone Renzi è un ammiratore sincero da tempi non sospetti: da quando, ad esempio, nel 2015 gli propose un ruolo di vertice in Rai – rifiutato dal manager bresciano alla luce del suo impegno alla guida del colosso telefonico britannico – fino a quando, meno di un anno fa, lo elogiò sul suo libro “Un’altra strada” come il commissario europeo ideale per l’Italia. “E’ molto bravo, e non è uomo di nessuno”, dice Renzi. Solo che, al di là dei complimenti per la scelta dei componenti della “cabina di regia”, dalle parti di Italia viva, e di un pezzo del Pd, resta la sensazione di una scarso coordinamento centrale delle varie emergenze. Tra Borrelli al capo della Protezione civile, Arcuri in trincea sull’approvvigionamento delle mascherine e dei respiratori, e la rogna della povertà lasciata in capo ai comuni, tutto sembra un po’ accadere senza che ci sia una direzione chiara. E però, come i ministri e i capigruppo del Pd hanno segnalato a Nicola Zingaretti già nei giorni scorsi, “il governo si gioca tutto sul decreto liquidità e sul successivo di metà aprile”. E lì, come sanno bene i tecnici del Tesoro, sarà una corsa contro il tempo, e contro la burocrazia, quella che dovrà portare allo sblocco dei prestiti entro qualche giorno. Al punto che, dopo le zuffe non proprio onorevoli con Di Maio per ottenere il controllo della cassa di Sace, lo staff di Gualtieri ha già iniziato un altro tipo di moral suasion.

 

Quello, cioè, coi vertici del mondo bancario italiano per spingerli a erogare subito i crediti agevolando il più possibile le istruttorie (e sentendosi chiedere, in certi casi, se non fosse possibile pensare a una sorta di “scudo penale” che sollevi gli analisti delle banche e della stessa Sace da eventuali leggerezza nell’erogazione dei fondi). E però anche da questo nobile lavoro sporco, a ben vedere, passa la “tenuta sociale” del paese in questa fase, specie dopo la proroga – annunciata ieri dallo stesso Conte, dopo una riunione tutt’altro che serena coi capi delegazione della maggioranza – del lockdown generalizzato fino al 3 maggio. “Dovrebbero correre, e invece fanno la corsa dei gamberi”, sbotta Giorgio Mulè. Che ieri, in mattinata, s’è sentito chiedere da qualche suo collega di Forza Italia se non fosse il caso di provarsi a intrufolare nei malumori della maggioranza giallorossa per dare forza consistenza a quell’idea di “maggioranza Ursula” tante volte vagheggiata, “e che magari – sorride qualche deputato azzurro – potrebbe essere sperimentata tramite la cabina di regia”. “E invece il Pd a cosa pensa, per dare un messaggio di conforto agli italani? A nuove tasse”, insiste Mulè.

 

Ce l’ha, evidentemente, con la proposta di Graziano Delrio: un sorta di tassa di scopo destinata ai redditi sopra gli 80 mila euro, pensata (anche, se non soprattutto) per disinnescare gli strepiti grillini sul taglio degli stipendi dei parlamentari e rivelatasi però un autogol proprio quando gli stessi cinque stelle l’hanno sdegnosamente rigettata. E poi, ovviamente, c’è la trattativa europea. Su quella, Conte la faccia prova a mettercela davvero, almeno dal punto di vista mediatico. “Non firmerò sino a quando non avrò un ventaglio di strumenti adeguato”, ha tuonato ieri, attaccando frontalmente Salvini e Meloni e rilanciando su quella che al momento resta una suggestione bella e terribile: gli Eurobond. Animando, così, una spirale di aspettative che rischia però di comprometterlo. Anche perché a quelle promesse un po’ scomposte, il M5s ci crede davvero, complicando una negoziazione già assai impervia. Ed è così che ieri sia Ignazio Corrao, europarlamentare ed esponente della segreteria nazionale del M5s, sia il viceministro dei Trasporti Giancarlo Cancelleri, sono arrivati a evocare la cacciata di Gualtieri. “Per me può pure non dimettersi, ma se il premier dice che le conclusioni dell’eurogruppo sono inaccettabili mentre lui era felice di fatto lo sta sfiduciando”, ci spiega Corrao. E quando gli si fa notare che questa intransigenza grillinarischia di mettere a repentaglio la maggioranza, lui non si scompone: “Gli italiani – dice – vengono prima della maggioranza”. E non si capisce se sia più una promessa o una minaccia.