Le cose cambiano: in tempi di Immuni, la App che ci seguirà al cesso per vedere se per caso non abbiamo incontrato il ragionier Corona fa impallidire la già orwelliana Casaleggio Associati, il sistema Covid-19 ha già sostituito la piattaforma Rousseau e l’ormai familiare Dpcm ha rimpiazzato la democrazia diretta, e in fondo non solo quella; la questione del deficit al 2,4 per cento, enorme scandalo del balcone 2018, per la verità non aveva prodotto scassinamenti di scatole di tonno, ma ora quel numero ballerino (2,4 o 2,04?) fa ridere, siamo su una via lastricata di deficit stellari, debiti e buone intenzioni di cura e ricostruzione; il reddito di cittadinanza fu devastazione demagogica dell’emulazione nel mercato del lavoro e di politiche sociali non improvvisate, ma impallidisce di fronte al fiume necessario di sussidi e bonus; la dialettica conflittuale tra mercato e stato resta in piedi, ma i suoi termini sembrano cambiati in non piccola misura, con la necessità pubblica di risollevare gran parte del settore privato; l’opposizione alle infrastrutture è solo un ricordo, bisognerà traforare parecchio e cementare il cementabile, con la riserva delle buone maniere ambientali, per combattere frane, esondazioni, impacci e obblighi di manutenzione di ogni genere, e di impedire la depressione conseguente all’epidemia. L’elenco potrebbe continuare, ché c’è da dire anche in merito all’immigrazione e alle sanatorie per procurarci pomodori e frutta senza lasciarli marcire, ma finisce qui. Il ragionamento politico correlato si svolge da solo.
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