Roma. Il mito dell’infallibilità, cresciuto assieme ai consensi, in quella cavalcata stordente che aveva portato la Lega dalla miseria del 4 ai fasti del 30 per cento, Matteo Salvini se l’era già giocato ad agosto, con la crisi di governo. Nessuno dei suoi colonnelli aveva davvero provato a dissuaderlo, allora. Troppo grande la fiducia nell’uomo del destino, malgrado le tante buone e prudenti ragioni che avrebbero dovuto sconsigliare l’ultimo azzardo del leader funambolo, acrobata senza rete. “Per mesi gli ho detto ‘stacca stacca’. E quando gli ho detto di non farlo, lui ha annunciato la crisi. Ma andasse…”, si sfogava in quei giorni Giancarlo Giorgetti, prima di eclissarsi per un po’, nella stessa condizione di impotente rassegnazione nella quale si è rinchiuso ancora una volta adesso. L’immobilità politica e la comunicazione compulsiva di Salvini preoccupano Giorgetti. E non solo lui.
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