Per superare la crisi serve un Parlamento forte non un premierato forte
In questi mesi la Costituzione è stata di fatto sospesa. Un precedente a dir poco pericoloso. Per la tutela di tutti è necessario che le Camere ritrovino sempre più il loro ruolo di garanzia, verifica e proposta
“Déconfinement” è il termine che in Francia illustra l’uscita dal confinamento nelle proprie case. È il piano, la cosiddetta fase due, che il premier Édouard Philippe ha presentato all’Assemblea Nazionale. Sin qui nulla di strano se non si fa un confronto con la situazione italiana. Il nostro presidente del Consiglio ha deciso di annunciare in diretta nazionale la fase due e il nuovo, ennesimo, Decreto del Presidente del Consiglio (Dpcm) volto ad “aprire” alcuni “lucchetti” e a confermarne la “chiusura” di altri per poi procedere, solo in un secondo tempo, con un’informativa alle Camere.
La questione che subito si coglie è che la Francia, con la Costituzione della Quinta Repubblica, ha espressamente previsto e regolato, con l’articolo 16, lo stato d’emergenza. Nella nostra Carta, invece, l’unica emergenza espressamente prevista è lo stato di guerra. Il presidente Emmanuel Macron e il premier Philippe hanno proceduto – in questa fase di emergenza – con il più ampio coinvolgimento possibile dell’Assemblea Nazionale. Da noi, invece, sono state limitate fondamentali libertà personali con un Dpcm che è uno strumento meramente “amministrativo/regolamentare”. Un provvedimento che incide profondamente sulla nostra vita quotidiana, sul lavoro, sull’economia, sulla fede, sul nostro futuro e che è stato deciso senza un vaglio del Parlamento e/o del Presidente della Repubblica.
Eppure la nostra Costituzione è chiara: ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, “salvo le limitazioni che la legge stabilisce” per motivi di sanità o di sicurezza. Si chiama “riserva di legge”: solo con un provvedimento legislativo è possibile, in determinati e particolari casi, una limitazione dei diritti costituzionali. Certo, siamo tutti ben consapevoli dell’urgenza e della difficoltà di governare in una situazione così difficile e grave, non prevista e (forse) non prevedibile, come quella che stiamo vivendo. Ma vi sono dei limiti insuperabili se non rispettando i princìpi costituzionali. I nostri padri costituenti, del resto, erano stati lungimiranti: l’art. 77 Cost. prevede espressamente che “in casi straordinari di necessità e urgenza” il governo possa approvare decreti legge, cioè “provvedimenti provvisori” con forza di legge, che però decadono se non convertiti in legge dal Parlamento entro sessanta giorni. Negli ultimi decenni Governi anche di orientamento politico diverso hanno ampiamente usato, e spesso abusato, dei decreti legge. In queste settimane, invece, pur essendocene i presupposti, l’art. 77 è stato ignorato e “la Costituzione è stata sospesa di fatto”.
Un precedente a dir poco pericoloso. Anche la presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia ha recentemente ricordato – facendo rilievi di carattere generale – che esistono all’interno della nostra Carta Costituzionale le ragioni che permettono di giustificare limitazioni dei diritti e gli strumenti per imporle. Uno di questi è proprio la “riserva di legge” che in ogni caso deve rispettare i principi di “necessità, proporzionalità, ragionevolezza, bilanciamento e temporaneità”. Per la tutela di tutti è necessario che il Parlamento ritrovi sempre più il suo ruolo di garanzia, verifica e proposta. L’Italia non può diventare de facto, seppur a causa di un’emergenza, un “premierato forte” riducendo il ruolo delle due Camere. Il Parlamento, che rappresenta tutti i cittadini e che ha una maggioranza ma anche una opposizione, deve sempre più ritrovare il suo ruolo centrale nella vita democratica del nostro Paese; solo così potremo vincere al meglio la crisi che stiamo vivendo e che riguarda il nostro presente, ma anche il nostro futuro.
*europarlamentare Pd