Le ragioni per non nutrire fiducia nell’operato del ministro Alfonso Bonafede sono innumerevoli ed è persino superfluo enunciarle. Il discredito che ha suscitato non solo in ambienti politici e giudiziari, la mancanza di parola, per esempio, sulla parziale correzione dell’abolizione della prescrizione con norme sulla durata massima dei processi (mai presentate) basterebbero a spingere una persona con un minimo di senso dello stato a dimettersi. Ma Bonafede non ha il senso di responsabilità che sarebbe richiesto a chi ricopre una funzione così delicata, quindi spetta ai senatori, che stamane si riuniscono per votare le mozioni di sfiducia individuale al ministro della Giustizia, prendere una decisione. Votare la sfiducia sarebbe un voto di coscienza per molti, anche nella maggioranza, ma ci sono casi, e questo è uno di quelli, in cui conviene invece tapparsi il naso, come diceva Indro Montanelli, e lasciare Bonafede al suo posto. La ragione è semplice: se Bonafede viene sfiduciato cade il governo e si apre una crisi senza sbocchi, in una situazione in cui non si può ricorrere alle urne chissà ancora per quanti mesi. Il che lascerebbe il paese senza una rappresentanza autorevole mentre si discutono, in Italia e in Europa, le misure economiche per fronteggiare la gravissima crisi innescata dalla pandemia.
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