Così il sospettato ministro della Giustizia, oggi normalizzato, diventa bersaglio dei suoi vecchi compagni di viaggio
Roma. Nel mondo alla rovescia del 2020 – quello dove Matteo Renzi, alleato di governo del M5s, difende in Parlamento Alfonso Bonafede dalla sfiducia – capita che proprio i populisti giustizialisti si lamentino delle conseguenze nefaste della cultura del sospetto. La stessa che ha permesso loro di campare politicamente negli ultimi 10 anni, prosperando fino ad assumere, come nel caso del ministro della Giustizia Bonafede, incarichi importanti. “Nelle ultime tre settimane, fuori da qui, si è sviluppato un dibattito gravemente viziato da allusioni e illazioni”, dice Bonafede nell’aula del Senato, mentre intorno a lui fischiano le sirene dell’antimafia grillina.
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