Roma. Scrive a Sergio Mattarella e pubblica la lettera anche su Instagram, Facebook e Twitter, affinché tutti sappiano: “Diversi magistrati nei loro colloqui privati concordavano su come attaccare la mia persona per la politica sull’immigrazione che all’epoca, quale ministro dell’Interno, stavo portando avanti. La fiducia nei confronti della magistratura adesso vacilla”. In un solo colpo Matteo Salvini, l’altro ieri sera, ha centrato in pieno un obiettivo (ma inconsapevolmente), ovvero quello di contribuire ad annacquare e nascondere dietro al suo trascurabile caso personale il mastodontico scandalo del Csm e dei giudici italiani che si spartiscono i posti direttivi e trafficavano con Luca Palamara. Un obiettivo perseguito dalla magistratura organizzata, dal Csm, da un pezzo della politica e pure dai quei grandi quotidiani di sinistra che su questa faccenda tacciono. Ma allo stesso tempo, tuttavia, il capo della Lega non è riuscito fino in fondo a ottenere il risultato che davvero gli stava a cuore: far precipitare il dibattito pubblico a qualche mese fa, in epoca pre Covid, quando cioè lui era l’eroe dei confini, il ministro osteggiato e processato perché ha difeso l’Italia. Occorre a questo punto riavvolgere il nastro e seguire le fasi di questa vicenda.
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