Frasi sconnesse, dichiarazioni contraddittorie, fatti travisati. I risvolti surreali del voto in Giunta
Roma. “Se vi ricordate, la Diciotti era una nave italiana. In questo caso la nave era spagnola, batteva bandiera spagnola e per la legge, i trattati del mare, il porto di sicurezza (sic) per i soggetti che erano sopra quella nave doveva essere spagnolo”. Il diritto del mare visto dal senatore Mario Giarrusso potrebbe indurre a sospettare che in tutte le riunioni in cui la Giunta per le autorizzazioni a procedere è stata chiamata a esprimersi nell’ultimo anno a proposito dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini – sul caso Diciotti, su quello della Gregoretti fino a quello di martedì, che ha negato il processo al leader leghista per il caso Open Arms – l’ex M5s non abbia colto appieno su cosa stesse davvero votando. L’inaccuratezza delle sue parole – in punta di diritto il “porto sicuro” non dipende dallo stato di bandiera della nave – induce a sospettare che il voto di martedì in Giunta, al netto di ogni sacrosanto garantismo, sia stato macchiato dal più classico dei paradossi: quello di dovere dare un parere politico su una questione giuridica. Un’impresa impossibile, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): “Battaglie da pollaio” , le chiama.
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