Il guaio dell'opposizione modello Pappalardo
Vogliono uscire dall’Europa, tornare alla lira, abolire il Mes e avere “un governo eletto”. L’opposizione scopre di avere un’agenda economica così fuori dal mondo da essere fatta propria dal generale Pappalardo. La sfida del 2 giugno e la svolta urgente per il futuro
Il nostro amico Giuliano da Empoli ha perfettamente ragione quando dice che, sì, al momento i gilet arancioni rappresentano poche decine di sciamannati a cui non vale la pena dare troppa importanza ma che allo stesso tempo sono un soggetto pericoloso e da non sottovalutare perché tra future ospitate televisive e autorevoli editoriali che prossimamente inviteranno i lettori a “non demonizzare i gilet arancioni e la loro battaglia in difesa della sovranità del popolo” non è difficile immaginare il modo in cui come per magia il sistema mediatico italiano potrebbe riuscire nel miracolo di trasformare in un movimento di massa la più imponente riunione di idioti mai vista in Italia da molti decenni a questa parte, come giustamente suggerito sabato scorso da Famiglia Cristiana. Eppure, nel giorno in cui i gilet arancioni guidati dall’ex capo di stato maggiore dei carabinieri di Abruzzo e Molise, ex vice comandante dell’Umbria, ex comandante del secondo reggimento dei carabinieri di Roma, ex generale di brigata, ex capo di stato maggiore della divisione unità specializzata carabinieri di stanza a Roma, minacciano, in occasione delle celebrazioni del 2 giugno, di fare concorrenza a Roma alle piazze organizzate dalla Lega di Matteo Salvini e dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni risulta evidente che l’esistenza mediatica di questa banda di sciamannati potrebbe avere nel dibattito politico un ruolo molto diverso rispetto a quello avuto in Francia dai gilet gialli. I gilet jaune, mettendo a ferro e fuoco la Francia, hanno colpito duramente il governo francese e sono stati coccolati dalle molte forze antisistema presenti in Francia all’opposizione del modello Macron (da Mélenchon a Le Pen). I gilet arancioni, al contrario, pur non essendo paragonabili al fenomeno francese, nascono in contrapposizione al governo, naturalmente, ma nascono facendosi portatori di una caratteristica destinata a diventare lo specchio delle contraddizioni più delle opposizioni che del governo. E d’altronde non può che essere così per una banda di sciamannati che si presenta come se fosse fuori dal mondo ma che in realtà non fa altro che tentare di dare una forma di rappresentanza politica a tutte le follie politiche coccolate negli ultimi anni dai populismi italiani.
I pappalardi vogliono uscire dall’euro e tornare a stampare la lira, come sogna l’attuale responsabile economico del primo partito d’Italia, Alberto Bagnai, e come sognava anche il suo predecessore, Claudio Borghi. I pappalardi vogliono uscire dall’Europa, seguendo il modello già adottato dalla Gran Bretagna con la Brexit, come ha molte volte suggerito anche il leader del primo partito d’Italia, il senatore Matteo Salvini. I pappalardi, come testimoniato da alcuni striscioni esposti sabato scorso a Roma e a Milano, vogliono poi abolire il Mes, come suggerito un tempo dal Movimento 5 stelle (che oggi il Mes lo vorrebbe usare ma solo a condizione che non lo sappia nessuno) e come sognato oggi dalla Lega (partito che per abolire il Mes ha anche organizzato banchetti per raccogliere firme) e da Fratelli d’Italia (partito che si è limitato a chiedere di non usare il Mes non vedendone alcun vantaggio). I pappalardi vogliono avere un governo che sia “direttamente eletto dal popolo”, ignorando che la Costituzione non prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio ma facendo proprio un vecchio mantra della grammatica dell’opposizione anticasta. I pappalardi vogliono poi strizzare l’occhio alla stessa estrema destra extraparlamentare, da Casapound a Forza Nuova, a cui da tempo cercano di strizzare l’occhio diversi esponenti della destra nazionalista, e sarà interessante capire se la destra nazionalista cercherà di far concorrenza ai pappalardi su questo fronte o se accetterà di essere per quel fronte un po’ meno appetitosa rispetto ai tempi d’oro.
Vogliono questo ma vogliono anche altro e in definitiva vogliono dare sfogo a quell’elettorato complottista educato dai populisti di ogni specie a vedere complotti ovunque: dalle scie chimiche al terrapiattismo passando per i vaccini la Tav e la nuova frontiera del 5G. Si sbaglierebbe a pensare che la destra sovranista e il movimento dei pappalardi possano essere considerati fenomeni sovrapponibili (non fosse altro perché la destra italiana, per quanto più o meno presentabile, di Cav. solo uno ce n’è, non nega che una pandemia sia una pandemia). Ma si sbaglierebbe anche a non notare che di fronte alle cosiddette istanze dei gilet arancioni non emerga un qualche problema per l’opposizione italiana, che sarà costretta a ragionare sull’opportunità di avere sogni per molti versi sovrapponibili a quelli dei gilet arancioni. Oggi, a Roma, le due opposizioni, quella sovranista e quella cialtronista, si raduneranno in orari diversi e con modalità diverse e con precauzioni diverse per manifestare contro il governo. Le forme di protesta non sono sovrapponibili (e sarà interessante capire se Meloni e Salvini troveranno un modo per omaggiare il Milite ignoto senza andarci direttamente) ma da oggi in poi per la leadership sovranista la presenza mediatica della brigata Pappalardo sarà come un pungolo capace di suscitare anche un qualche imbarazzo se l’opposizione non troverà un modo per evitare quello che oggi sembra essere inevitabile: avere un’agenda economica a tratti così fuori dal mondo da essere fatta propria dal generale Pappalardo.