Risposte a Bonomi
Ora di agire. Marattin ci spiega come Italia viva convincerà Pd, M5s e Leu a prendere con urgenza i soldi del Mes
Roma. Gli chiedi se condivide le parole di Carlo Bonomi, quell’accusa “alla politica che fa più danni del Covid”, e se nel caso si costituisce come reo confesso. E allora Luigi Marattin sente di dover precisare, come prendendo la rincorsa: “Niente fa più danni della morte”. E si sente subito, nelle parole del deputato di Iv, che sta arrivando un “però”. “Però – prosegue infatti – viviamo in un paese in cui il meccanismo della decisione pubblica è bloccato: dalla legge elettorale al funzionamento delle istituzioni, fino all’iter dei decreti attuativi. E’ un sistema fatto apposta per non decidere. E che sembra premiato: i partiti, o i politici, che stanno più zitti sono quelli che crescono di più nei sondaggi”.
“Ecco – conclude Marattin, responsabile economico di Iv – se il presidente di Confindustria voleva dire questo, concordo al 100 per cento”. Intendeva anche dire, aggiungiamo noi, che forse questo governo non ha una visione, uno straccio di politica industriale. “L’espressione ‘politica industriale’ è uno dei più abusati della storia. C’è chi con esso intende che lo stato debba decidere dove i privati debbano investire e che strategie perseguire e chi, come me, pensa che una politica industriale si manifesti nel migliorare le condizioni di competitività entro cui le imprese private operano: sistema fiscale, pubblica amministrazione, giustizia civile, infrastrutture fisiche e digitali, capitale umano. Il paradosso è che per entrambe queste visioni serve una prospettiva di lungo periodo. E a non averla non è tanto questo o quel governo, ma l’intero sistema politico italiano. Un governo che si insedia a Palazzo Chigi non ha mai avuto, nella storia della Repubblica, la ragionevole aspettativa di durare cinque anni. Come si fa ad avere una visione di lungo periodo se si è imprigionati nel breve?”.
Di lungo c’è pero la stagione sempiterna dei “prestiti” ad Alitalia. Altri tre miliardi erano davvero necessari, ora? “Ho molto rispetto per i lavoratori di Alitalia, che hanno fatto già molti sacrifici. Ma credo che i contribuenti italiani non debbano mettere neanche più un euro lì sopra. Oltre dieci miliardi nel corso degli ultimi anni sono stati sufficienti. Ora anche basta. Purtroppo in Parlamento a pensarla così siamo in tre o quattro. L’unica cosa che mi consola è che quei tre miliardi non siano computati nel deficit bensì nel ‘saldo netto da finanziare’: in altre parole, non sono ‘in concorrenza’ con l’abbassamento delle tasse o dei soldi ai comuni”.
Quota 100 e reddito di cittadinanza: che farne? Possibile che lo stravolgimento della realtà causata dal Covid non spinga a ripensare la spesa in senso più efficiente? “Su Quota 100 l’abbiamo sempre detto: è stato un grosso errore e andava abolita l’anno scorso. Ora rimane un solo anno di applicazione: continuiamo a pensarla allo stesso modo, ma è evidente che i danni maggiori siano ormai già stati fatti. Quanto al reddito, va scorporata la parte sulle politiche attive che, come ormai è stato dimostrato dal fallimento completo dei navigator, non ha nulla a che vedere con un efficace sussidio contro la povertà”. A proposito di navigator: non è il caso che Mimmo Parisi, il presidente di Anpal, si dimetta. “Direi che sì, c’è un limite a tutto, e nell’Agenzia nazionale per le politiche del lavoro è stato abbondantemente superato”.
Renzi propone di concedere agevolazioni sotto forma di credito d’imposta per aiutare le aziende a ricapitalizzarsi. Fattibile? “Lo abbiamo fatto già, inserendolo nel dl ‘Rilancio’. Mentre altri sognavano l’ingresso dello stato nel capitale del ristorante sotto casa, noi pensavamo che la soluzione migliore fosse togliere un po’ di tasse, come l’ Irap, e incentivare gli apporti di capitale col credito di imposta, oltre ai ristori a fondo perduto”.
E poi c’è la riforma fiscale, rispetto alla quale siete paradossalmente più in sintonia col M5s nel chiedere un ripensamento radicale che non al Pd, che predica un approccio prudente. “Secondo me non c’è bisogno di un ritocchino a una aliquota qua, o a una detrazione là. L’Irpef ha quasi mezzo secolo, ed è diventata un colabrodo confuso e iniquo. Va rifatta daccapo, attraverso un percorso serio e approfondito di cui stiamo chiedendo l’inizio da almeno un anno. Partendo da un foglio bianco, dobbiamo costruire un sistema di imposte sul reddito universale, semplice e che pesi molto meno sulle spalle di chi lavora e produce. Noi abbiamo una proposta, da tempo sottoposta al ministro Gualtieri”.
A proposito di attese: quella sul destino di Aspi sta diventando surreale. “Anche qui abbiamo una proposta. Si applichi subito il nuovo metodo tariffario predisposto dall’Autorità di regolazione dei trasporti, che commisura la remunerazione tariffaria agli investimenti effettuati (e non solo annunciati), con anzi una penalizzazione per ogni scarto tra annunci e realtà. Così si aumenta l’efficienza del sistema e si evitano tragedie come quelle del ponte Morandi. La politica è risoluzione dei problemi. Poi se si vogliono fare grandi strategie con pacchetti azionari e risiko societario, lo lascio fare a quelli bravi”.
Sempre alla voce “grandi annunci rimasti in sospeso”: il Piano choc? “Era inizio febbraio quando ho personalmente consegnato al presidente Conte e al ministro Gualtieri l’articolato di legge della nostra proposta. Che non era certo un ‘prendere o lasciare’, ma una base di discussione per semplificare massicciamente ogni stadio della fase di realizzazione degli investimenti, dalla progettazione ai ricorsi amministrativi. Che dire. Noi siamo sempre qui che aspettiamo di discuterne. L’economia italiana però, sospetto, non ha tutto questo tempo”. E magari neppure il tempo di capire che ne sarà del Mes. Il governo continua a balbettare, sul tema. Di Maio dice che “non è un’opzione”. Conte dice sia che è “un’opportunità” (21 maggio, il Foglio) sia che “non è la soluzione” (22 maggio, Corriere della Sera). Al Consiglio europeo del 20 giugno possiamo sperare che l’Italia ci arriverà con una posizione chiara e definitiva, sul tema? “E’ quello per cui lavoreremo. In settimana, come Italia viva, presenteremo una proposta concreta su come spendere quei 36 miliardi. Così i cittadini italiani si renderanno conto di quale follia sia rinunciarci, rifiutando dunque anche i 700 milioni annui di risparmi sugli interessi, solo perché un certo marketing pubblicitario ha associato un significato negativo al brand ‘Mes’”. State lavorando a un piano di spesa, dunque, con le risorse del Mes? Dettagli? “Perché rovinare una sorpresa? E poi il gruppo di lavoro dei colleghi di Iv, coordinato da Vito De Filippo, sta ancora definendo gli ultimi dettagli”. L’ultima incognita riguarda lei, onorevole. Presidente di commissione, sottosegretario al Mef: dove la vedremo nei prossimi mesi? “Sicuramente a rifare i preparativi per il matrimonio, annullato causa Covid. La politica non è tutto nella vita”.