Idea per un assembramento da sogno
Rimettere in piedi le ragioni di un’opposizione costituzionale, con logiche competitive e zero sopracciò
Assembramento è nome sinistro. Divieto di assembramento è formula da codice Rocco, sa di vecchio e di naturalmente autoritario. Assemblea è parola allegra, democratica, aristofanesca, volatile, ma tiene, funziona. E’ la sorella buona e cara dell’assembramento, parente dell’altrettanto spaesante, urticante, adunata. Tuttavia bisogna dire che assembramento, adunata, corteo, assemblea o che altro, la manifestazione delle opposizioni, politicamente squinternata secondo un ovvio giudizio politico e convocata in data implausibile, era un pieno diritto delle opposizioni, che sono tante e diverse, si riuniscono per vetrina, hanno il diritto di farlo. E’ anzi ributtante il facilismo degli impiegati di talk-show, quegli stessi che hanno fatto del senatore Salvini il Truce, e per tanto tempo, che ora considerano la caciara di via del Corso come una bestemmia.
Non si sa come andranno le cose in politica. Mancano un tre anni, e belli corposi, alle elezioni (e tra un po’ ci sarà da eleggere il successore di Mattarella al Quirinale). Si sa solo che in ventiquattro mesi, dalle scorse elezioni generali, abbiamo avuto due governi, uno del caos e della demagogia, l’altro un esecutivo, presieduto trasformisticamente ma degnamente e modestamente dalla stessa persona, che ha affrontato con decenza e piglio efficace la più grave crisi repubblicana almeno dal tempo del rapimento, della detenzione e dell’uccisione di Aldo Moro (primavera 1978). Sappiamo che la maggioranza è tecnicamente e politicamente di risulta. E’ di origine parlamentare, e come la precedente non nasce nelle urne, conseguenza di una scelta degli elettori italiani. Come prima era avvenuto, si accorpano al vertice del governo partiti diversissimi tra loro, segnati dalla presenza per così dire occasionale di un movimento antisistema dal percorso scombiccherato e vano, oggi fortemente in crisi come lo è stato ieri a contatto con i toni duceschi del titolare del Viminale, ma si deve riconoscere che la capacità di trasformazione e integrazione delle nostre istituzioni ha qualcosa nemmeno di notevole, direi di prodigioso, e fa delle zucche a 5 stelle passabili calessi capaci di tracciare insieme con altri e portare a termine un percorso talvolta perfino razionale e utile. Il Partito democratico, poi, è quello che è, una formazione stanca, alla quale sarebbe tuttora azzardato attribuire una visione forte e chiara del futuro, ma capace della leadership oggi necessaria, e con un grado di permeabilità alla logica istituzionale del buon senso piuttosto solido, oltre a gente di prim’ordine.
Un’opposizione consapevole di sé, che non si confonda con il folklore pappalardesco, che riassuma almeno alcuni dei termini di un ceto di governo regionale e locale non disprezzabile (Luca Zaia, per esempio), e che si esprima nella differenza delle sensibilità, esemplificata dalla parabola di Giorgia Meloni, è una necessità pari a quella di una maggioranza che affronti le conseguenze della pandemia e il sottosopra dell’economia, mentre arriva il primo vero segnale di un’Europa che è unione e convergenza solidale possibile tra soggetti economici e finanziari e sociali tanto difformi gli uni dagli altri. Le due questioni si tengono insieme. Abbiamo avuto con i venti anni dominati dalla figura di Berlusconi una coppia scoppiata di governi e opposizioni snaturati nel loro senso politico a vantaggio della guerra ideologica all’intruso, all’usurpatore, all’outsider. Da una lunga epoca storica questo paese ha visto supplenze e invasioni di campo di ogni genere, prima fra tutte quella della magistratura politicizzata. E’ ora che la faccenda si regoli nell’unico modo possibile in una democrazia liberale non demagogica, dunque con una competizione politica e parlamentare che abbia del modesto e dell’ordinario, non del demagogico e dell’iperbolico. Il sopracciò verso la caciara romana non è quindi concesso, nonostante l’immagine poco brillante che hanno dato di sé i triumviri della mascherina accollata, si devono rimettere in piedi le ragioni di una maggioranza e di un’opposizione costituzionale, con una logica competitiva ma comune, se non un patto un accordo sui disaccordi, insomma una specie di assembramento.