Fazi in politica
L’editore ci racconta perché vuole scendere in campo e ci spiega pure quanti libri ha portato Dibba (zero)
Roma. “E’ arrivato il momento di ‘risignificare’ un termine, un termine demonizzato. Quel termine è sovranismo”. Fermi tutti. La notizia è che non esistono solo i sovranisti di destra (“Quanto a noi più lontano”), ma i socialisti sovranisti (“Questa definizione la trovo perfetta”). Uno dei protagonisti è Thomas Fazi, figlio dell’editore Elido Fazi, pronto a candidarsi in politica se soltanto “servisse alla causa di Nuova direzione”. Chi siete? “Un gruppo di intellettuali che vuole abbattere i mostri sacri della sinistra a cominciare da Marx e Berlinguer, figura venerata in Italia, ma vero padre dell’austerità”. E però, c’è anche un’altra notizia. “Alessandro Di Battista, che rimane un mio amico, al momento ha scelto di non far parte di questa nuova avventura. Dice che vuole cambiare il M5s. Mi ricorda un po’ quegli europeisti che vogliono cambiare l’Europa da dentro. Mi sembra un po’ difficile. Gli faccio i miei auguri. Se dovesse cambiare idea lo accoglieremo a braccia aperte”. Dove? “Naturalmente a Nuova direzione…”. Ma cosa sarebbe? “Un movimento politico-culturale. Ci sono pure io ma non ci sono solo io”. E però, c’è soprattutto lui che scrive e che per vivere traduce anche per la Fazi, ma non solo per la Fazi (“Ho lavorato insieme a mio padre, ma poi abbiamo deciso di separarci. E’ stato giusto così”). Ha trentotto anni, ma non ha una laurea malgrado abbia provato a prenderla (“Ho studiato Scienze politiche in Inghilterra, a Norwich, ma non l’ho trovato stimolante”). E’ vero che ha tradotto il primo libro di George Soros che, se non sbaglio, è quanto di più lontano dalle vostre idee sulla sovranità nazionale? “E’ vero. Ed è stato bellissimo tradurlo. E’ il suo testo più intimo perché rivela che è stato sempre infelice. Voleva fare il filosofo”. E invece ha fatto i soldi… “Ma è rimasto infelice”. Fazi è rimasto scontento della sinistra che ha frequentato ma che rifiuta perché “fallita”.
Ha fatto parte del movimento antiglobalista, partecipato al G8 di Genova. Assicura di avere la fedina penale pulita e di avere avuto anche una parentesi da “anarco-comunista”. Non ha niente a che vedere con le fantasie spontaneiste di Toni Negri che nel suo Impero rifiuta lo stato-nazione che Fazi, al contrario, esalta. Per intenderci, non vogliono “abbattere lo stato borghese”. Dice che la sua caduta da cavallo sia avvenuta con la grande crisi economica e che da allora abbia iniziato a studiare economia, sempre da autodidatta (“Mi era necessario”). Insomma, perché ce l’avete con Berlinguer? “Per avere propugnato l’ineluttabilità delle politiche di austerità e per aver rinunciato, con il suo eurocomunismo, alla sovranità nazionale”. Vi accuseranno di essere la risposta a sinistra dei vari Bo-Ba, gli economisti della Lega, Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Siete pronti a replicare? “La più grande sconfitta della sinistra è aver ceduto la parola magnifica, sovranità, alla destra”. E con la presunzione dei giovani che vogliono spiegare il passato, Fazi rimprovera alla sinistra di aver dimenticato che sovranista lo è stata. “Il Pci si è sempre opposto ai trattati monetari. Dico di più. La retorica anti Ue della destra è il fallimento della sinistra”.
Non vuole bruciare l’Europa ma è arrivato alla conclusione, dopo aver letto (“E ho letto parecchio”), che le “unioni monetarie falliscono sempre perché mettono insieme paesi con modelli diversi”). Ma che libri leggete? Che giornali acquistate? “Uno dei libri che consiglio è quello di Ashoka Mody Euro-Tragedia in nove atti. Non parlo di uno euroscettico, ma del vicedirettore del Dipartimento europeo del Fondo monetario. E non penso neppure che ci sia stata una cospirazione ai danni dell’Italia. Dico soltanto che l’euro non funziona. Per quanto riguarda i giornali, segnalo la Fionda ma anche l’Antidiplomatico. Come Nuova direzione ci piacerebbe federare una sovranità di sinistra”. Ho sentito che di Nuova direzione fa parte Gianluigi Paragone, espulso dal M5s. E’ una maldicenza? “Sto aiutando Gianluigi nel suo nuovo percorso politico. Abbiamo idee in comune”. Passiamo a una verità. E’ stato lei, lo ha detto suo padre, ad avvicinare Alessandro Di Battista alla Fazi di cui poi è diventato consulente, curatore di una collana. Attendevamo il libro su Bibbiano, ma non è arrivato. Nei suoi video aveva parlato di una vera e propria “rivoluzione culturale”, della pubblicazione di testi da lui scoperti. Che fine hanno fatto. Ci aiuta? “La consulenza durava sei mesi ed è finita. Anche perché Alessandro aveva altri impegni. Doveva partire per l’Iran…”. Non mi sembra sia uscito nulla. Sbaglio? “No. Non è uscito nulla. Alessandro ha portato idee. Sono rimaste sul tavolo. Ha poi preferito dedicarsi al suo impegno politico…”. La rivoluzione la completerete dunque voi? “Si sente un uomo del M5s e non vuole staccarsene. Non è il mio percorso come si può capire. Credo che sia impossibile cambiare quel movimento dall’interno”. Quando si è trattato di fare la rivoluzione non si è presentato, ma per Fazi poco importa. “Resta un amico”. Ed è un peccato perché davvero l’editoria poteva essere il suo esercizio di disciplina. Sono infatti allegri e colti e sono più vicini a lui questi socialisti irregolari che i grillini regolarizzati. Possiedono garbo e sono spericolati nelle tesi, ma sempre per le troppe letture e mai per avarizia. I Fazi sono anche una dialettica che tanto servirebbe alla politica. “Mio padre è europeista convinto. Io non lo sono. E però, ci rispettiamo”. Ma il voto è pronto a chiederlo? “Sono sicuro che alla fine me lo darebbe. Cosa non si fa per un figlio…”.