Zingaretti, o dell'arte dell'allargare: ecco i quaranta nuovi dipartimenti
Il segretario del Pd prova a compensare, negli organismi interni al partito, la sua mancanza di peso sia dentro le Camere, sia nel governo, le cui redini, per quanto riguarda i dem, stanno in mano a Dario Franceschini
Roma. A qualcuno la coincidenza dev’essere apparsa vagamente sinistra: perché quaranta, per chi ha memoria neppure troppo lunga, erano i dipartimenti creati da Matteo Renzi nel luglio del 2017, quando la parabola dell’ex rottamatore, tramortito dalla scoppola referendaria, prendeva già la sua fase calante. E chissà allora che non sia davvero come dicono i parlamentari più scettici, oggi, che anche la pioggia di nomine piovute al Nazareno nelle ultime ore sia da leggersi come il segnale di un impantanamento della leadership di Nicola Zingaretti che, per annacquare i malumori interni e provare così a rafforzarsi, distribuisce con mano generosa incarichi e onorificenze. Sta di fatto che anche stavolta, come allora, le nomine indicate, tra Dipartimenti e Forum e altre sottocategorie della nomenklatura dem, sono quaranta, appunto: un “helicopter money” applicato alla politica, insomma, ma gestito con l’arte sapiente di chi il Cencelli lo sa usare, avvezzo com’è all’arte della mediazione come somma pratica del restare in piedi, in equilibrio sui conflitti, e quindi allarga, allarga più che può per non scontentare nessuno.
Su quaranta nuovi mandati, la minoranza di Base Riformista ne ottiene cinque, e tra queste c’è quella strategica del Tesseramento, affidata a Francesco Critelli, calabrese di nascita ma bolognese di formazione, già segretario renziano del Pd sotto le due torri. E’ lui l’unica eccezione riformista in una terra, l’Emilia, in cui Zingaretti prova a rafforzarsi promuovendo come può esponenti a lui vicini, “anche per fare terra bruciata – malignano alcuni – a Bonaccini”, guardato dal segretario del Pd come un rivale interno. E allora ecco la promozione di Lucia Berganzone, forlivese, alle Pari opportunità, o la scelta di Stefania Gasaprini, vicesindaco di Carpi, alle Pmi; ed ecco anche il rafforzamento della neo presidente Valentina Cuppi, sindaco di Marzabotto vicina alla sinistra movimentista di Marco Furfaro, indicata come responsabile del progetto Women new deal (qualsiasi cosa, esattamente, voglia dire). Sempre in quota Base Riformista, poi, c’è il senatore Andrea Ferrazzi alla Rigenerazione urbana e la deputata Francesca Bonomo al Servizio civile; a Stefania Pezzopane va la delega per le Aree terremotate; e infine Piero De Luca, titolare delle Politiche europee, in un strano incrocio di traiettorie si ritrova a entrare nella direzione allargata del Pd insieme all’europarlamentare Andrea Cozzolino (Coesione territoriale), che nel 2015 sfidò, perdendo, il De Luca senior nelle primarie per la candidatura a presidente della Campania, in un confronto che mancò poco finisse alle carte bollate.
Per il resto, Zingaretti prova a compensare, negli organismi interni al partito, quella sua mancanza di peso sia dentro le Camere, dove Br resta predominante, sia nel governo, le cui redini, per quanto riguarda i dem, stanno in mano a Dario Franceschini. E però, sul bilancino del Nazareno che ha guidato questa tornata di nomine, qualcosa ottengono anche altri esponenti del partito, com’è normale. Andrea Orlando vede promosso, tra gli altri, uno dei suoi uomini più fidati, già suo capo segreteria ai tempi di Via Arenula, quel Matteo Bianchi indicato per la guida dell’Economia del mare forse anche in virtù della sua provenienza spezzina, condivisa appunto col vicesegretario. E di La Spezia è anche Massimo Caleo (Parchi e aree protette) nominato in quota AreaDem, cioè Franceschini. A Maurizio Martina va ricondotta invece la marchigiana Irene Manzi (Autonomie regionali), attuale segretaria particolare di Matteo Mauri, martiniano sottosegretario dell’Interno. C’è poi Susanna Cenni, confermata responsabile Agricoltura considerata vicina a Gianni Cuperlo, e c’è poi anche chi viene promosso su volere di Anna Ascani. Si tratta cioè di Caterina Avanza, trentanovenne bresciana che ha fatto parte dello staff di Emmanuel Macron in En Marche, prima di essere candidata dal Pd alle europee, senza fortuna. Era a un passo dal trasferirsi in Italia viva, salvo poi farsi convincere dall’attuale viceministro dell’Istruzione a restare nel Pd, nell’attesa di una ricompensa alla fedeltà che è arrivata ieri, con la sua nomina a responsabile della Cooperazione internazionale.