La valigetta di Caracas
La trasformazione del M5s in un partito vero passa anche da questo oggetto che rimanda a Tangentopoli (e alla farsa)
Roma. E’ il peggiore sberleffo della storia perché li avvicina per sempre alla classicità della politica e a quel cestino di nevrosi che ha portato alla loro nascita. E non sono tanto i 3,5 milioni di euro in “contanti” che il Venezuela di Hugo Chávez avrebbe “passato” a Milano a Gianroberto Casaleggio per finanziare il M5s, ma è la “valigetta”, lo sfondo esotico, gli ambasciatori doppiogiochisti a rendere questo fantaracconto comico e irresistibile. Anche se si trattasse di impostura, come ha detto Alessandro Di Battista, e anche se fosse falso il documento diffuso dal quotidiano spagnolo Abc, non può che essere questo intrigo internazionale il Premio Bancarella 2020, il giallo sotto l’ombrellone.
“E se devo dire la verità, di questa storia di cui non voglio dare giudizi se non politici, mi impressiona più il funzionario venezuelano dei servizi segreti che parla della necessità di ‘aiutare’ un movimento ‘rivoluzionario’ e di ‘sinistra’. Mi chiedo dove abbia mai studiato quell’analista”, dice Carlo Galli, professore di Storia delle Dottrine politiche all’Università di Bologna, filosofo, che con i suoi testi ha raccontato e studiato, meglio di tutti, i partiti italiani.
Come le grandi organizzazioni politiche della Prima e della Seconda Repubblica tornano qui i “fondi riservati”, le banconote in “nero”, le relazioni con i regimi stranieri. Professore, il M5s entra ufficialmente nei manuali della politica clandestina? “Innanzitutto, non possiamo parlare di partito e ormai neppure di movimento. E riguardo al denaro, quello della Prima e della Seconda, era denaro vero. Oro di Mosca, dollari americani e della Cia. Ma voi ce lo vedete, Gianroberto Casaleggio, poveretto, a prendere denaro dai venezuelani?”. Non ce lo immaginiamo. E preferiamo ancora tutte le sue strampalate teorie a questo folklore che pure ben si concilia con la controinformazione del primo Beppe Grillo, suo compagno d’avventura. “Ma così facendo rischiamo di non parlare di un problema autentico. Mi riferisco a quello che è stato il primo partito italiano e che oggi è finito per essere un agglomerato di parlamentari concentrato su come conservare il proprio seggio. Parliamo di un partito del trenta per cento che si è destrutturato e che non risponde più a impulsi politici. Anche questa fuga di notizie mi sembra più giusto inquadrarla nella lotta che si sta svolgendo all’interno del M5s”.
E per Galli è fallimentare anche il tentativo del reddito di cittadinanza che, a guardarla con la lente dello scienziato, sarebbe una magnifica pratica di clientelismo alla vecchia maniera. “Non sono stati bravi neppure nel fare clientela. Hanno dimezzato ugualmente i loro voti. Oggi la loro linea politica, la conosce solo il Creatore”, risponde il professore, che ha avuto modo di vederli nella sua breve esperienza da deputato nella scorsa legislatura.
Per non scomparire potrebbero consegnarsi a Giuseppe Conte che è il beniamino di Grillo, se non fosse per Di Battista che chiede “una costituente, una assemblea, anzi, un congresso”. Non c’è nulla da fare: siamo al “desiderio di essere come tutti”. “L’unico che fa politica è senza dubbio Conte, ma è un attore in proprio. Ricordiamo che aveva approcciato anche Matteo Renzi. Oggi il M5s ha perso le qualità del movimento, cioè il rapporto con la base, ma non è neppure un partito, dato che non esiste un’organizzazione”. In che fase è? “Sembra in fase d’estinzione. Questo movimento andrebbe severamente criticato ma per altre ragioni che non per il fantomatico denaro di Caracas. Il problema loro è che non sanno intervenire sulla realtà perché non sanno decifrarla. Mi sia permessa una provocazione. Il più interessante, credetemi, è Di Battista che si rifà alla tradizione dei socialisti parolai e comizianti. Ha una carica retorica non indifferente. In questo serraglio è l’unico che vuole fare, a suo modo, politica”. Insomma, magari fossero come i vecchi satanassi! Qui la morale, per Galli, è un’altra: “Il Venezuela ci racconta, al massimo, (ma non ci credo) come tutto è cominciato, ma non come tutto, drammaticamente, si sta concludendo”.