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Cari grillini, basta con le fregnacce

Claudio Cerasa

Il movimento 5 Crono è il miglior spettacolo mai messo in scena da Grillo. Risate, troll e conflitti

Combatte con tutta la forza possibile contro il mostro che ha contribuito a creare. Molla calci negli stinchi a coloro che rimpiangono il passato con la Lega. Prende a ceffoni tutti coloro che non prestano giuramento di fede sulla bandiera dell’Europa. Manda a quel paese chiunque teorizzi la minchiata dell’uno vale uno. Tratta da pazzi i movimenti anti vaccinisti. Prende a male parole la generazione dei pappalardi che altro non fa che riportare in piazza molti dei complotti teorizzati dal suo movimento. Endorsa senza usare precauzioni un premier che giorno dopo giorno si muove sempre più da perfetto troll del suo movimento. E non passa una sola settimana senza che con un tweet, con una battuta, con un video, con un intervento, o magari anche con un ruttino, non faccia di tutto per mostrare il suo profondo disprezzo nei confronti di tutti coloro che altro non fanno che ripetere a pappagallo le sue vecchie lezioni.

 

La meravigliosa lotta nel fango che vede in queste ore protagonisti di una gustosa battaglia politica due campioni puri della macchina del fango come Beppe Grillo e Alessandro Di Battista merita di essere osservata, anche da chi negli ultimi anni ha manifestato una sincera antipatia per le oscenità del grillismo, come una sorta di ultimo e formidabile capitolo di un grande romanzo di formazione politica. Al centro del quale vi è un comico entrato in politica un po’ per burla, un po’ per noia, un po’ per gioco, un po’ per paura di dover fare i conti con un botteghino sempre più vuoto che non perde occasione per ricordare agli iscritti alla sua setta che il grillismo ha solo un modo per non essere troppo dannoso per il paese: auspicare la progressiva rimozione dal dibattito pubblico di tutte le fregnacce che i grillini hanno raccontato in questi anni agli elettori.

 

Lo scontro tra Di Battista e Grillo è anche uno scontro tra chi cerca di non lasciare al generale Pappalardo il primato delle minchiate (Dibba, in questo supportato bene dal generale Paragone, che ieri in perfetto stile Pappalardo ha detto di voler fondare un partito per uscire dall’Euro) e tra chi cerca di emendarsi da una linea politica che infiniti addusse lutti agli achei (Grillo). E come spesso capita in Italia la conversione del comico è stata una conversione a cui l’inventore del grillismo è arrivato grazie alle particolari antenne azionate dagli ingranaggi generati dal suo conflitto di interessi. E’ stato quando ha visto lievitare gli spread (novembre 2018) che Grillo ha iniziato a osservare con una qualche preoccupazione il mostro gialloverde. E’ stato quando un gruppo di no vax ha interrotto ripetutamente i suoi spettacoli a teatro (febbraio 2019) che Grillo deve aver capito che l’estremismo sarebbe potuto diventare un problema per i suoi affari. E’ stato quando per un attimo ha temuto che la base grillina potesse essere intenzionata a rimpiangere i bei tempi con Borghi e Bagnai (estate 2019) che il comico, nel corso di una kermesse del M5s, ha suggerito ai militanti del M5s “di andare a fanculo voi stavolta”.

 

 

 

E’ stato quando Davide Casaleggio ha scelto di non mettere più a disposizione delle sue cause le casse di Rousseau (dicembre 2019) che Grillo ha cominciato a guardare la piattaforma Rousseau con lo stesso amore con cui ciascuno di noi oggi osserverebbe un tamagotchi. Dire che Grillo oggi sia diventato ragionevole è un po’ troppo. Ma lo spettacolo dell’inventore del grillismo che scopre che per proteggere i propri interessi occorre proteggere l’Italia dagli estremismi venezuelani da lui stesso alimentati – e che per fare questo si trasforma nel Crono divoratore di figli magnificamente rappresentato da Francesco Goya nel quadro che pubblichiamo qui in pagina – è forse il miglior spettacolo mai messo in scena da Grillo. E anche chi Grillo lo detesta, come noi, non può che con un sorriso, per una volta, alzarsi e battere le mani.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.