(foto LaPresse)

Garantista autentico

Maurizio Stefanini

Antimoderno e ostile alle mode, è morto lo scrittore che ha insegnato a diffidare delle mode

“Era talmente garantista Alfredo Biondi, che perse il congresso del Pli del 1986 di Genova perché si rifiutò di commissariare alcune situazioni dubbie che gli erano state segnalate! Disse che comunque il Genoa in casa quell’anno non aveva mai perso”.

 

Il ricordo ce lo dà un suo collaboratore all’epoca di quel congresso. In qualche modo, ciò riassume in pieno colui che l’Ansa definisce il “decano dei liberali italiani”. Segretario del Pli tra 1985 e 1986, poi presidente, conclusa una esperienza in Forza Italia che lo aveva visto anche Presidente del Consiglio Nazionale, Alfredo Biondi dal 2011 aveva provato a rianimare la storica sigla assieme ad altri vecchi leader del partito. È morto a Genova a 92 anni, forse anche piegato per la recente perdita di un figlo. In molti ricordano ora il decreto da lui voluto quando era stato ministro della Giustizia nel primo governo Berlusconi, allora polemicamente bollato come “decreto salvaladri”.

 

Romanzando molto le vicende, la recente serie tv su Tangentopoli ha rievocato come in realtà quel provvedimento fu subito bocciato dalla Lega, innescando la rottura tra Bossi e Berlusconi. Ma appunto a quella battaglia si richiamano molti Tweet, di molte parti ideologiche. “Gentiluomo vecchio stampo” per Guido Crosetto; “autentico liberale” per Paola Concia; “liberale e garantista vero che si è battuto contro il giustizialismo e gli abusi di certi magistrati” e “aveva visto prima e meglio di molti altri” per Sandro Gozi; “protagonista di un centrodestra che non c’è più e di cui avremmo tanto tanto bisogno” per Carlo Piana; “un grande liberale” per Giorgio Mulè; “un grande” anche per Roberto Gervasoni, secondo cui “cercò di fermare la barbarie dei giudici ma fu lasciato solo da Bossi, da Maroni e da Fini”.

 

“Penalista di buon nome e acceso sostenitore – come quasi tutti i penalisti lo sono – di principi garantisti”, avevano annotato Montanelli e Cervi nell’”Italia di Berlusconi”. Difese anche Gigliola Guerinoni, “la mantide di Cairo Montenotte”. Continuò sempre a fare l’avvocato pur da parlamentare, ricordando che aveva iniziato lavorare da giovane perché non ricco di famiglia. Ma, appunto, non era un garantista a senso unico. Avvocato di parte civile in tanti processi per vittime del terrorismo, si offrì di fare da difensore d’ufficio per un brigatista rosso, che minacciò di sparargli alla testa. Nel 2001 fu poi difensore del vicequestore Troiani implicato nei fatti della scuola Diaz, ma nel 2004 guidò i deputati che bocciarono l’applicazione del codice penale militare di guerra ai soldati del contingente italiano in Iraq ed in Afghanistan. Fu garantista perfino con Saddam, da cui una etichetta di Giuliano Ferrara sui “liberal-saddamiti”. Ricambiò aderendo “tecnicamente" all'Associazione per la Difesa della Vita, in modo da permettere nel 2008 la presentazione della “lista pazza”, pur essendo personalmente a favore della legge sull’aborto.

 

Proprio in nome di questo garantismo integrale nel 1986 aveva schierato il Pli al fianco di Psi e radicali nei referendum sulla Giustizia. Tre anni prima era stato lui a “inventare” il Ministero dell’Ecologia, di cui fu il primo titolare. E l’aneddoto da cui siamo partiti ricorda poi colui che nel ricodo di Andrea Orlando fu “un uomo politico colto e incredibilmente spiritoso”. “Liberal-brillante” lo definirono nel 1980 i critici cinematografici nel presentare la sua interpretazione nel film documentario “Tutti gli uomini del parlamento”. “Ci sono partiti di massa e partiti di Carrara”, fu una sua folgorante battuta. “Il Pli pencola a sinistra ma ha il cuore a destra”, un’altra. E, appunto, era un grande tifoso del Genoa, che aveva anche difeso in tribunale. Di Genova è stato deputato e senatore, la prima volta nel 1968. Eppure, di nascita era pisano: una origine cui doveva un eloquio trascinante e tipicamente toscano. Grandissimo oratore, uomo di principi, chi ha militato con lui lo ricorda come pessimo organizzatore. Questo però è un male atavico del liberalismo italiano.

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