Matteo Salvini e Alberto Bagnai (foto LaPresse)

Salvini moderato chi?

Luciano Capone

A un anno dal Papeete, il leader investe sui temi che lo hanno allontanato dal governo. La gran investitura a Bagnai

Roma. Come il Foglio aveva anticipato il 30 maggio, sull’economia la svolta di Matteo Salvini è in piena continuità. A dettare la linea non sarà più il no euro Claudio Borghi, ma il no euro Alberto Bagnai. I due sono da sempre i leader del fronte Italexit (il terzo, più defilato, è Antonio Maria Rinaldi, mal sopportato da Bagnai che gli ha affibbiato il nomignolo “Bombolo”).

 

Nel 2018 Borghi e Bagnai erano i responsabili del “dipartimento economia” della Lega, che non era altro che una chat Whatsapp di attivisti anti europeisti. Nel 2019 il responsabile è diventato il solo Borghi, l’autore di alcuni manualetti su come uscire dall’euro. E ora, dopo tante chiacchiere sulla presunta “svolta” pro euro della Lega, il ruolo è passato a Bagnai. 

 

Nelle settimane scorse lo scontro carsico nella Lega sull’appartenenza o meno all’euro era riemerso con gli appelli di Giancarlo Giorgetti a un governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi e un’intervista al Wall Street Journal in cui Giorgetti affermava che “per l’Italia la possibilità di lasciare l’euro esiste in teoria, ma non esiste nella pratica”.

 

Era il tentativo far uscire il Carroccio dal girone degli impresentabili in Europa e dare una nuova veste di affidabilità e credibilità al partito. Ma da questo confronto Giorgetti è uscito sconfitto, a lui è toccato un ruolo di rappresentanza: responsabile Esteri. L’economia resta in mano ai no euro. Anzi, va al principe dei no euro. Alberto Bagnai è un economista dell’Università di Pescara noto nella comunità scientifica e politica esclusivamente per la sua battaglia forsennata contro l’euro. Nella sua pubblicazione di maggiore successo, “Il tramonto dell’euro”, annunciava l’imminente – il libro è ormai di 8 anni fa – inevitabile e auspicabile crollo dell’Eurozona: “Come e perché la fine della moneta unica salverebbe benessere e democrazia in Europa”, era il sottotitolo. Rispetto al sodale Borghi, Bagnai è ritenuto più pacato e affabile. Inspiegabilmente. Perché Bagnai non esita a paragonare l’euro al nazismo e all’Unione Sovietica e nelle sue uscite non si è fatto mancare vergognose minacce e insulti sessisti. Come quando ha evocato la morte del collega Tommaso Monacelli della Bocconi che aveva messo in dubbio le sue qualità scientifiche: “Gli facciamo un bel cappottino di abete, che l’inverno si avvicina. Una cosa pulita, asettica…”. O più recentemente quando sul suo blog ha invitato la presidente della Bce Christine Lagarde a prostituirsi. Questo è il pacato Bagnai, questa è la “svolta” della Lega. Quanto la linea no euro sia dannosa lo ha confermato persino il presidente della Consob Paolo Savona, proprio quello del “piano B” scelto dalla Lega, che ha attribuito la “rilevante discesa dello spread” nel 2019 al “venir meno dei timori di un ritorno a una moneta nazionale”. In pratica, all’allontanamento della Lega di Salvini e Bagnai dal governo.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali