Sul caso Berlusconi Renzi vuole "chiarezza", Forza Italia una commissione d'inchiesta
Per gli azzurri, l'uso politico della giustizia e la cultura giustizialista, di cui esso si è spesso alimentato, è "una patologia conclamata, ma mai adeguatamente indagata e tanto meno curata"
“Intanto io sono un avversario politico di Silvio Berlusconi e non tocca a me valutare. E poi ancora non sappiamo cosa può essere successo. Ma politicamente ho il dovere di dire che non può essere ignorata la richiesta di fare chiarezza su una vicenda che coinvolge un ex presidente del Consiglio”. Dopo la sua dichiarazione pubblica di ieri, Matteo Renzi, ospite a Timeline su Sky TG24, torna a parlare della registrazione delle dichiarazioni del giudice relatore in Cassazione del processo Mediaset, Amedeo Franco, pubblicate dal Riformista e anticipate da Quarta Repubblica.
Il leader di Italia Viva chiede che si faccia chiarezza sulla vicenda giudiziaria che ha rimesso in discussione la condanna per frode fiscale del Cav., e dice di essersi sentito con Berlusconi. Renzi poi parla anche del Mes, e dice che "qualcuno i soldi li vuole trovare con la patrimoniale", invece che con il Fondo europeo. Ma "la patrimoniale non esiste, chi la volesse fare dovrebbe farla sul nostro cadavere. Il punto fondamentale è che il Mes sono trentasette miliardi ad ottime condizioni che vanno a migliorare le strutture sanitarie e sociosanitarie di questo Paese. I Cinque Stelle stanno prendendo un po’ di tempo, poi diranno di sì, come è ovvio e logico”.
Tra gli azzurri, naturalmente, le cose si muovono in modo molto più deciso: "Dopo il superamento dell'emergenza sanitaria legata al Covid-19, al centro della cronaca sono tornati − se si consente la metafora − i gravissimi sintomi di un'altra malattia, in questo caso istituzionale, del nostro sistema: l'uso politico della giustizia". Inizia così il testo del Pdl − firmato dal capogruppo Gelmini e da tutti i deputati − in cui Forza Italia chiede una commissione d'inchiesta dopo la diffusione dell'audio del magistrato. Nel testo si definiscono "gravi le rivelazioni emerse" con riferimento "alle vicende che nel 2013 hanno portato alla condanna di Silvio Berlusconi, e alla sua successiva decadenza da senatore, per frode fiscale". Vengono citati altri "sconcertanti casi di uso politico della giustizia ritagliati attraverso sapienti tempistiche 'a orologeria'" a carico "di esponenti politici di tutte le parti", che negli anni di Tangentopoli "sono addirittura arrivati a decapitare una parte del sistema partitico".
Secondo FI, l'uso politico della giustizia e la cultura giustizialista, di cui esso si è spesso alimentato, è "una patologia conclamata, ma mai adeguatamente indagata e tanto meno curata", un "fenomeno, seppure circoscritto a cerchie più o meno ristrette di magistrati", che "ha assunto, specie nel lasso di tempo intercorso dagli anni '90 ad oggi, una dimensione sistemica, organizzata e pervasiva. Le sue ramificazioni si sono sviluppate, secondo una preoccupante catena, sia in senso verticale, dalle procure al Csm, sia in senso orizzontale, coinvolgendo movimenti politici, sistema dei media e poteri economici".
Nel "vuoto del sistema politico si è inserita la magistratura, quella al suo interno fortemente politicizzata, almeno negli organismi di vertice. Ma la magistratura non può diventare il baricentro dello Stato, in un sistema democratico", si legge nel testo in cui si ribadisce la necessità di mettere fine al "correntismo" nella magistratura.