Milano. “Quando cadi dall’alto ti fai più male. Milano stava volando”, ha detto qualche tempo fa al Corriere della Sera. Perfetta sintesi (l’uomo sa comunicare) amara e pertinente su due fronti: il primo è la sua città, che certo non è schiantata ma che il Covid ha reso anatra zoppa, ci vorranno “uno o due anni di sofferenza”, ha detto ancora ieri. Il secondo è lui stesso. Beppe Sala, il sindaco con ambizioni (anche politiche) e visioni più ampie della semplice amministrazione (il suo ultimo libro, “Società per azioni”, ragiona di società civile da rendere protagonista, di nuovi socialismi, di città, dell’eredità di Aldo Moro che non fu raccolta da nessuno), e anche l’uomo privato Beppe Sala. L’ex manager pragmatico, l’ex Mr Expo ottimista vincente e in camicia bianca, il sindaco del “place to be” da qualche tempo appare triste, preoccupato, dubbioso. Non è ancora scritto che sia anche “y final” (ci sta solo pensando), ma di certo solitario sì. Perché le scelte – ricandidarsi o rinunciare alla seconda corsa – sono in ultima istanza sue, e questo sarebbe il meno. Il fatto più generale e complicato è che sa di non avere più un “modello” vincente, bisogna trovarne un altro, e dietro di sé avverte di non avere nemmeno una parte politica pronta a condividere la sua partita.
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