Come con l’inchiostro simpatico: qualcosa c’è, ma non si vede. E non si deve vedere: perché se si vede, tutta l’operazione crolla. E per i Cinque Stelle il modello “inchiostro simpatico” è diventato uno dei modi, forse l’unico, per poter galleggiare oltre le tensioni tra gialli e rossi e tra gialli e verdi (prima, ma anche, chissà, vedi mai, in prospettiva), e poter dunque sperare di sopravvivere politicamente, questione del doppio mandato a parte. E insomma c’è, al vertice degli specialisti in metamorfosi verso lo stato di invisibilità, il trentanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro da Montebelluna, colui che, due sere fa, su Facebook, postava il resoconto del Consiglio dei Ministri presentandolo come una specie di tredicesima fatica di Ercole (“è durato tutta la notte il CdM dedicato al decreto semplificazioni che rappresenta una pietra miliare nel lavoro di questo Governo. Abbiamo approvato riforme inedite per un paese più forte, moderno ed efficiente, in grado di ripartire con più slanci”). Si dà il caso, infatti, che Fraccaro, un tempo considerato non soltanto un soldato scelto e fedele di Luigi Di Maio ma anche un caterpillar della democrazia diretta e del verbo grillino prima maniera, si sia via via trasformato in una sorta di trasparentissimo “segretario” (così lo chiamano i Cinque stelle più ironicamente malevoli), nel senso del sottosegretario che adotta la trasparenza per farsi via via più vicino al premier Giuseppe Conte nel suo ruolo istituzionale, e per allontanarsi dall’immagine e dal lessico di pretoriano dell’ex vicepremier, ora ministro degli Esteri.
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