Fontana ci racconta il suo Corriere e spiega perché al Pd (e al governo) serve Berlusconi
Il direttore rimane legato alle vecchie categorie destra-sinistra. Su Conte: "Il rischio è che punti all'avventura solitaria. Meglio un governo di unità nazionale"
Adesso che Repubblica vuole fare il Corriere, il Corriere farà Repubblica? “Il Corriere farà il Corriere. Abbiamo una tradizione di indipendenza e pluralismo. Noi siamo questo. Non cambieremo”.
E Luciano Fontana lo dice con tutta la simpatia del direttore, quello che si aggira in redazione ma senza la smorfia torva del rimprovero. Pratica l’arte della strizzatina d’occhio che arriva fino alle stanze più lontane dell’edificio e che sembra voler dire, anche all’ultimo degli arrivati, “siamo il Corriere. Ma lo capisci che fortuna?”.
Non ci parla di ammodernamento e del piano industriale (“Da anni siamo di fronte a una trasformazione radicale della professione. Lo sappiamo”) e neppure del longform giornalistico che, spiega, “è importante, ma come lo sono spigolature, le grandi firme, le notizie esatte. Insomma, scritte in maniera puntuale”.
Quando a mezzogiorno lo chiamiamo, Fontana ha appena concluso la riunione: “E dunque aspettate che chiudo la porta”. Il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, in un’intervista al Foglio, ha chiuso la porta al passato e alle categorie destra-sinistra. Anche per il Corriere destra e sinistra sono categorie superate? “Io credo di no. Il tutto è come si intendono. Le diversità fra destra e sinistra sono evidenti quando pensiamo al diverso modo di intendere l’Europa, l’immigrazione, la giustizia sociale”. Allora è vero che state diventando di sinistra! “Siamo sempre liberal-democratici e ci piace la concorrenza, il libero mercato. Ma le divisioni esistono. Anche i partiti si dividono in conservatori e progressisti”.
Il titolo allora quale sarebbe? “Un Corriere democratico, europeista e attento alle diseguaglianze”. E nel sommario cosa mettiamo? “Dipende da cosa mi chiedete”. Possiamo chiedere tutto? “Chiedete”. Silvio Berlusconi, ad esempio, deve entrare al governo? “Sta interpretando la parte del buon padre di famiglia. La crisi economica che ci attende è così importante che serve un governo di responsabilità nazionale. Serve anche lui. Non so se si farà, ma è la strada che si dovrebbe percorrere”.
Per pizzicarlo gli diciamo allora che il suo Corriere, con i sondaggi di Nando Pagnoncelli, sta contribuendo, e non poco, a gonfiare l’immagine di Giuseppe Conte che ormai si “occupa di scenari globali”. Fontana, che sta allo scherzo, si fa allora serio e imposta la voce. Più che commentare questa idea spiritosa, ci tiene a ricordare che nel suo giornale le cerimonie e le forme sono processi e costumi antichi: “Se volete, vi spiego come funziona”.
Racconta che quando arrivano i sondaggi di Pagnoncelli, la segretaria li lascia sul suo tavolo, il tavolo che è stato di Luigi Albertini, Ugo Stille, Piero Ottone, Paolo Mieli, e poi … “La busta rimane sigillata. Nessuno la apre eccetto io”. E quando vede che Conte è arci-amato, che fa? “Pubblico il sondaggio come ho pubblicato i sondaggi su Matteo Salvini prima del Papeete. Anche il suo gradimento era elevato. Il lavoro dei sondaggisti del Corriere è sempre stato scrupoloso. Diverso è il giudizio sul Conte politico”. Decidiamo di non chiederglielo (ma solo per un momento) per mescolare le carte.
Sarà perché la parola ci piace o forse perché le battaglie più belle, in democrazia, sono sempre di carta, ma non tratteniamo la curiosità: direttore, carta o i-pad? “Leggo il Corriere di carta. Ci sono affezionato. Ma c’è un’altra ragione. Ho bisogno di capire come viene stampato. Inchiostro, grammatura. Una cosa però la voglio dire. Al Corriere sono stato vicedirettore con delega al digitale. So di cosa parliamo e so quanto sia importante usare tutte le piattaforme. Ma non posso dimenticare che ho iniziato a fare il giornalista con la macchina da scrivere e con le schede telefoniche”.
La differenza è che Fontana non esibisce lo slang del web: “tag, metakeywords, iperlink…”. Ha scalato il Corriere dall’interno dopo aver lavorato per molti anni all’Unità. Direttore, ha mai intervistato Carl Bernstein? “No, non ho intervistato Bernstein, ma, grazie al lavoro infaticabile di Paolo Valentino, un campione e nostro corrispondente, siamo riusciti (insieme, ci tengo a dirlo) a fare una preziosa intervista a Vladimir Putin”.
Sono tutti modi per spiegare la diversità del suo Corriere che deve essere “un’isola, uno scoglio per i lettori. Noi non abbiamo l’obbligo di essere faziosi”. E’ l’offerta che volevamo. A Repubblica è caduto il tabù dell’impegno e il nuovo direttore vuole un giornale che “non deve dare un colore alle notizie”.
In modo articolato gli domandiamo se si è conclusa un’epoca (di carta). E lui: “Ma il giornalismo non è partecipare alla battaglia politica. Non è utilizzare le sentenze come clava contro l’avversario”, risponde Fontana che tiene ai successi del suo quotidiano e anche agli archivi. Rivendica che sono “corsera” gli scoop sugli anni difficili di Berlusconi. “Non gli abbiamo risparmiato nulla, ci siamo confrontati anche con i suoi legali. Ma non eravamo in lotta ideologica con Berlusconi. Le sue vicende personali vanno separate dalla sua figura politica che va riconosciuta. Berlusconi è stato ed è ancora capace di parlare a un mondo che da lui si sente rappresentato”.
Non lo vuole lusingare come tutti stanno facendo, ma gli riconosce – come anche Ezio Mauro fece e sul Foglio (“Berlusconi andrebbe studiato con lo sciamanesimo”) – la funzione “moderatrice”. Cosa sarebbe? “La funzione di moderare i sovranisti. Il suo ruolo è riconosciuto in Europa. Forza Italia può servire al Pd per spegnere gli spasmi del M5s. Io credo che il Pd davvero accarezzi questa possibilità. Ripeto, la crisi lo imporrebbe”.
Chiacchierando su Berlusconi, rivelando un pensiero che teneva nascosto, Fontana improvvisamente dice quella che ritiene una grande verità: “Il più grande privilegio che possa toccare a un giornale è non dover essere fazioso. Il nostro non lo è”.
Ma che Corriere è questo Corriere? Si può sapere cosa ne pensate di Conte? Alla sua maniera, il direttore risponde che su Conte l’opinione è buona ma non interamente: “Ha accompagnato per mano gli italiani durante la pandemia. A volte anche con eccessi di pedanteria. Adesso credo stia puntando troppo sulla sua autosufficienza. Ha la tentazione di inseguire l’avventura solitaria e sta gustando l’euforia del consenso”.
Il governo sta intanto sperimentando la vittoria mutilata su Autostrade. Sia Pd sia M5s rivendicano la vittoria e nel diritto societario è stato introdotto il nuovo concetto, all’italiana, di “diluizione”: né revoca né revisione. Cosa andava fatto? “Andavano tutelati i settemila dipendenti e garantire il funzionamento della rete autostradale. La revoca era velleitaria. La soluzione Anas faceva rabbrividire. Il Corriere è contro le statalizzazioni. Si sa cosa hanno significato”, ricorda Fontana che essendo sostenitore del mercato non può che sottrarsi dal partecipare al mercato delle firme.
Molinari ha annunciato che prenderà firme che non sono prigioniere del passato. Prenderete voi quelle che potrebbero uscire da Repubblica e parliamo di Francesco Merlo, Natalia Aspesi, Michele Serra? Del resto non lo avete fatto con Carlo Verdelli? Tornando a sorridere, Fontana assicura che non ha “l’angoscia delle firme”. “Abbiamo preso Fubini, Gramellini, Veltroni, Scurati e poi rimane la vecchia identità, intendo tutte le grandi firme del Corriere. Senza angoscia dunque. Questo non significa che la casa del Corriere non sia aperta”. E la sua stanza? Si dice che entri spesso Cairo? Non esagerate con il vostro editore, non gli dedicate troppi articoli?
Malgrado l’impertinenza, Fontana non si scompone e dice che tutto lo spazio che è stato dato a Urbano Cairo è sempre stato assegnato per parlare di iniziative che lo vedevano protagonista nei suoi molteplici ruoli. “Mi sembrano polemiche inutili. Io credo che il Corriere abbia trovato un editore giusto. Un editore che riconosce l’indipendenza ma che non risparmia energie in iniziative editoriali avvincenti”.
Direttore, chi sarà il prossimo direttore del Corriere della Sera? Una donna? “Mi piacerebbe ma solo perché ritengo che in editoria, come in politica, le donne debbano ricoprire ruoli di leadership. Per fortuna lo decideranno gli azionisti”, conclude Fontana con tutta la serenità di chi ha percorso e percorre una carriera felice: “Non avrei mai immaginato di diventare direttore del Corriere. Capite che fortuna questo magnifico mestiere?”.