L'ex ministro del Cav. lascia FI e forma un nuovo gruppo al Senato. I rapporti con Conte, "l'opposizione costruttiva" sul Recovery, le telefonate con Renzi. "Il centro vale il 20 per cento, se la smettiamo coi capricci"
Il giorno dopo, parla con la voce serena di chi evidentemente il lutto lo aveva già maturato da tempo. "E’ stata una scelta a lungo ponderata, dopo aver cercato in ogni modo di favorire un processo di reale rinnovamento dentro Forza Italia", dice Paolo Romani. A lungo ponderata, certo, e poi attuata con sospetto tempismo. Perché mercoledì, insieme a Gaetano Quagliariello e Massimo Berutti, da Forza Italia è uscito per formare al Senato una nuova componente del Gruppo Misto. Giusto il tempo di capire che Giuseppe Conte, uscito rinfrancato dalla trattativa a Bruxelles, e dunque promette di durare a Palazzo Chigi, e vi siete mossi. "Questa è una malizia da retroscenista", si schermisce Romani, già ministro dello Sviluppo nel governo Berlusconi tra il 2010 e il 2011 e soldato fedele del Cav. per 26 anni. "La decisione di uscire prima delle vacanze estive era semmai un’altra. Quella di anticipare la diaspora che ci sarà, dentro Forza Italia, all’indomani delle regionali del 20 settembre, quando nel partito del Cav. si registreranno, stando alle previsioni, risultati terribili. Preveniamo il big bang che verrà, per provare poi a federare le persone di buona volontà che, pur prendendo atto della fine di un’epoca, non andranno a elemosinare un seggio a Matteo Salvini".
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