Il ventaglio di Fico

José De Falco*

Che fine ha fatto l'impegno del presidente della Camera per regolarizzare le condizioni di lavoro dei collaboratori parlamentari, “fantasmi istituzionali”

Il presidente della Camera, on. Roberto Fico, oggi terrà il tradizionale discorso di bilancio sull'anno di attività politica e parlamentare in occasione della Cerimonia di consegna del “Ventaglio”. Quel che il paese ha affrontato e le sfide che ha da affrontare probabilmente impediranno al presidente ogni considerazione su una ferita all'istituzione parlamentare che si trascina da anni: la mancata regolamentazione dell'inquadramento dei collaboratori parlamentari, su cui il presidente - è importante ricordarlo - ha assunto un impegno chiaro e reiterato in Aula e in tv come mai nessun presidente di Camera e Senato ha fatto prima.

 

 

Il 18 luglio dello scorso anno scriveva sulla sua pagina Facebook: “Come Camera dei deputati abbiamo il dovere di dare il buon esempio e per questo nelle prossime presenterò una delibera sul punto per disciplinare il ruolo dei collaboratori e individuare un inquadramento chiaro, dignitoso e trasparente”. Da allora di settimane ne sono trascorse 53. Nulla è successo: nessuna delibera, nessuna riunione, nessuna pubblicazione di dati, niente di quello che l'Associazione italiana dei Collaboratori ha più volte richiesto. Della volontà di concretizzare quell'impegno non v'è traccia

 

Affrontare il tema delle condizioni di lavoro dei collaboratori parlamentari significa parlare di “fantasmi istituzionali”: professionisti scelti su base fiduciaria dai parlamentari per assisterli, ma che agli occhi delle amministrazioni parlamentari a stento “esistono”. Nel bilancio interno della Camera dei deputati (come del Senato) non esiste una voce specifica e vincolata riferita ai collaboratori, non vi è alcun tipo di modello contrattuale al quale il parlamentare possa fare riferimento, non vi è alcuna relazione fra l’incarico ricoperto, il numero di ore lavorate e la retribuzione, non vi è alcuna chiarezza circa la titolarità del versamento dei contributi fiscali e previdenziali, non vi è trasparenza circa la gestione di tali rapporti di lavoro e le relative risorse a tal fine stanziate dalla Camera dei deputati (e del Senato).

  

Questa condizione di far west dei diritti non ha eguali in Europa. La considerazione che, senza uno staff adeguato numericamente e professionalmente, le prerogative di ogni singolo parlamentare di concorrere alle attività legislative, di indirizzo e controllo del governo sono gravemente menomate appare ovvia ovunque, tranne che alla nostra latitudine. Nei Parlamenti del resto d'Europa è prevista non solo una specifica disciplina della materia, ma anche un budget vincolato agli staff che, proporzionalmente, è la voce principale rispetto al totale delle risorse a disposizione del parlamentare (dai 9.000 della Francia fino ai 21.000 del Parlamento europeo - fonte Camera). L’Italia è pressoché l’unica a trattare il tema nella generica voce “Spese per esercizio del mandato”, di 3.680 euro alla Camera e 4.180 euro al Senato, soldi cash versati in anticipo al parlamentare (con obbligo di rendiconto solo per metà), al cui interno il parlamentare può – a sua discrezione – riservare un budget per assumere, con il contratto che preferisce, il collaboratore parlamentare.

  

Almeno dal 2013, grazie alla sensibilità di alcuni deputati e senatori, ogni anno si formulano ordini del giorno di impegno degli organi di presidenza delle Camere. Dopo 7 anni di riflessione dal resoconto sul dibattito sul bilancio interno della Camera dello scorso 13 luglio si apprende che, a giudizio dei questori, è stata riconosciuta la necessità di riforma della disciplina dei collaboratori parlamentari secondo "consolidate intenzioni" per cui  il rapporto di lavoro deve intercorrere direttamente tra deputato; gli oneri per la retribuzione debbono essere assunti a carico del bilancio della Camera, ivi inclusa l'attività di sostituto d'imposta; la camere dovrebbe individuare uno o più schemi contrattuali standard , sulla cui base definire i rapporti tra le parti. Ma - perché come, in ogni racconto che si rispetti, c'è sempre un ma regna l'assoluta incertezza se le risorse da destinare a tali contratti debbano essere individuate " nei limiti delle risorse attualmente stanziate per il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato ovvero se sia necessario stanziarne di ulteriori". Sul fronte economico, la proposta di AICP è quella di affrontare la questione tenendo conto delle disponibilità maturate a seguito dei risparmi conseguiti negli ultimi esercizi di bilancio (oltre 500 milioni di euro) e di quelle eventualmente disponibili qualora il referendum costituzionale di settembre sulla riduzione del numero dei parlamentari confermasse la riforma. Il tema, del resto, dell'esito referendario è delicatissimo: chi oggi lamenta la cronica debolezza della rappresentanza parlamentare, domani avrebbe buon gioco a denunciarne il definitivo svuotamento se ciascuna Camera, ora per allora, non adotterà una serie di rimedi regolamentari e organizzativi volti ad un potenziamento delle funzioni delle Camere, a partire dagli staff fiduciari disponibili al singolo parlamentare, al pari dei colleghi degli altri parlamenti europei.
  

*José De Falco è presidente Associazione italiana dei collaboratori parlamentari - AICP

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