Il capo della Lega ha deciso: il rimpasto di giunta è inevitabile, in Lombardia. E va fatto prima del trionfo di Zaia in Veneto, a settembre. Ma al Pirellone c'è chi teme l'effetto domino
Roma. A sentire chi gli sta vicino, lui avrebbe già deciso, e non da oggi, “ché così le cose in Regione non vanno mica bene”. Se non fosse che però, per paradossale che appaia, proprio ora che ad Attilio Fontana viene meno la terra sotto i piedi, Matteo Salvini tentenna, perché agire adesso apparirebbe un po’ un’implicita ammissione di colpa. E però lui è risoluto, il rimpasto di giunta va fatto e basta, se è vero che già da qualche settimana ha dato mandato in tal senso a Stefano Locatelli, trentaseienne sindaco di Chiudono, nel Bergamasco, e responsabile per il partito degli Enti locali, roba per cui un tempo nel Carroccio si sgomitava. E lui, da fedele soldato del salvinismo intransigente qual è, lavora sottobanco: messaggi, telefonate, chiacchierate riservate all’ombra del Pirellone.
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