Roma. La legislatura era cominciata con una raccolta di firme tra i suoi deputati, i colleghi vessati di Forza Italia, una richiesta senza precedenti rivolta a Silvio Berlusconi, quasi un ammutinamento: “Per carità non lo confermare capogruppo perché è insopportabile”. Finì che fu mandato via, anche se per settimane restò barricato, applicando una forma di resistenza passivo-aggressiva, chiuso negli uffici di rappresentanza della Camera che non voleva mollare a nessun costo (tanto che per prenderne possesso, il suo successore, Mariastella Gelmini, dovette organizzare un trasloco notturno). Un po’ come quando si sdraiò per terra sul tappeto dello studio del Cavaliere, e allora, con le braccia rigide lungo i fianchi, gli urlò, tra preghiera e minaccia: “Non me ne vado da questa stanza finché non mi avrai nominato almeno vice coordinatore di Forza Italia”.
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