La lobby del fazzolettone
Ritratto dello statista da scout
Il 1 agosto del 1907, con il primo campo a Brownsea Island, nasceva il movimento scout. Non solo Renzi: tra calzettoni e foulard è cresciuta anche la classe dirigente italiana. Esplorazione tra i politici esploratori
Matteo Renzi (via Wikipedia)
San Rossore, Matteo e Agnese Renzi alla "Route" degli scout nel 2014 (LaPresse)
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Rita Borsellino e un gruppo di scout che hanno donato al capo dello stato la pergamenta "Carta del Coraggio", durante la cerimonia in ricordo del magistrato Paolo Borsellino e dei componenti la sua scorta, il 18 luglio 2015 (foto di Paolo Giandotti)
“Da ragazzino feci cinque anni da esploratore a Palermo, reparto nautico. Mi sono poi riavvicinato agli scout nel ’99, a Brescia: capo clan in un gruppo Agesci”, ha raccontato Vito Crimi
Giovanna Melandri e Beppe Fioroni a Circo Massimo (LaPresse)
L'allora presidente della Camera Laura Boldrini a San Rossore, nel 2014 (foto Marco Dal Maso/LaPresse)
Romano Prodi al Circo Massimo, per la cerimonia nazionale per festeggiare l'Alba del Centenario degli scout, nell'agosto 2007
Il primo di agosto del 1907, sull'isola inglese di Brownsea, iniziava il primo campo scout della storia. Robert Baden-Powell, diventato un eroe nazionale britannico grazie alla sua vittoriosa difesa di Mafeking durante la seconda guerra boera, volle sperimentare le sue idee riguardo lo scoutismo e l'educazione dei ragazzi. Così realizzò questo evento, piccolo ma significativo: era l'alba del movimento scout. Abolito dai totalitarismi, lo scoutismo ha educato all'impegno sociale molti dei leader politici d'Europa e del mondo. Dalla regina Elisabetta al re di Svezia, da Bill e Hillary Clinton a Tony Blair passando. Hanno indossato il foulard Martin Luther King, il presidente sudafricano e premio Nobel Nelson Mandela e l'ex dittatore libico Muammar Gheddafi (ehm).
E in Italia? Porta il foulard dai tempi in cui frequentava il San Leone Magno, prestigiosa scuola cattolica di Roma, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il più famoso resta però l'ex premier Matteo Renzi – erano capi scout mamma Laura e papà Tiziano –, la cui appartenenza all’Agesci ha fatto da esca a sfottò e spernacchiamenti vari (tra cui quello costato caro a Piero Pelù). “Chi ha fatto la promessa scout conosce i nostri valori, più forti di qualsiasi ironia sui calzoni corti. Gli scout sono una cosa seria”, rispondeva lui, che con la moglie Agnese si è formati tra le camice azzurre, e ha più volte ricordato di avere imparato lì “ad affrontare le sfide più difficili: la strada si apre quando è in salita”. Ironia della sorte, il nome totem del giovane Renzi era “Grillo”. Chi invece Grillo (Beppe, in questo caso) l'ha scelto come icona solo in un secondo momento ma ha portato a lungo il fazzolettone è il “Gerarca minore” Vito Crimi, attuale capo politico del M5s. “Sono stato scout e ne vado orgoglioso, ma lo scoutismo è quello che fai tutti i giorni, mettendoti al servizio degli altri, rispettando la natura e il tuo prossimo”, scriveva sul suo profilo Facebook, in un attacco a Renzi – e a chi se no? – che aveva partecipato, da premier, al raduno Agesci a San Rossore nel 2014. La sintesi perfetta l'ha fatta Maurizio Crippa sul Foglio: “Probabilmente che abbia fatto lo scout è l’unica nota al merito” per Crimi. La (ex) grillina Federica Salsi è passata dall'Agesci ai MeetUp. E ha fatto gli scout pure Filippo Pittarello, personaggio chiave dell’universo casaleggino, tra i responsabili della comunicazione del gruppo europeo del M5s.
Qualche anno fa disse: “Vivo in una tenda vicino al Pd”. Non era un trappeur ma Romano Prodi, che se non ha indossato di persona la divisa azzurra ha guidato alcuni tra i governi più “scoutistici” d'Italia. Erano giovani esploratori la diessina Giovanna Melandri (Politiche giovanili e Sport nel governo Prodi II) e il popolare Beppe Fioroni (Istruzione, Prodi II), Paolo Cento (sottosegretario all'Economia, Prodi II) e Cristina De Luca (sottosegretario alla Solidarietà sociale, Prodi II). È stato un “lupetto” anche Paolo Gentiloni, prima dei ministeri, del premierato e dell'incarico a Bruxelles. Restando in zona europea, il presidente dell'Europarlamento David Sassoli è cresciuto a politica e giornalismo, col padre Mimmo amico di Giorgio La Pira e Nicola Pistelli, la crème della Dc fiorentina. Seguendo quell'imprinting diventerà scout con il gruppo cattolico Agesci.
Tra gli ex scout e poi esponenti politici di centrosinistra, c'è anche il re del caffè ed ex presidente del Friuli-Venezia Giulia Riccardo Illy, così come Enrico Giovannini (ministro del Lavoro nel governo Letta), Maria Pia Garavaglia (ministro della Sanità nel governo Ciampi) ed Elena Bonetti, l'attuale ministro (Pd) della Famiglia. Roberta Pinotti, alla Difesa nei governi Renzi e Gentiloni, ha detto a Style del Corriere di sentirsi “ancora scout”, mentre al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, farlo dai nove ai 16 anni “ha insegnato a relazionarmi con gli altri, a mettere da parte antipatie e ripicche”. Giancarlo Lombardi, ex ministro dell'Istruzione sotto Dini, è stato anche direttore della rivista scout “RS-Servire”. Più a sinistra nello spettro politico hanno indossato il foulard Laura Boldrini e il portavoce del Genova Social Forum (l’organizzazione a capo delle proteste contro il G8) Vittorio Agnoletto, che è stato scout per vent’anni in Agesci, ma forse con una lettura più radicale: “Nella vita, come in montagna”,ha detto “bisogna tenere il passo del più lento”. Spostandosi al centro, Pier Ferdinando Casini. Nel governo Monti c'era Corrado Passera, a destra invece la lista è molto meno fitta: uniti nel segno del lupetto Guido Bertolaso e Ignazio La Russa.