Roma. Certe volte pure la lusinga, pure il compatimento, servono a fare politica. Specie nel M5s, dove gli umori e gli ardori del momento, i capricci e le ripicche, danno spesso sostanza, in mancanza di una codificazione della dialettica interna, alle baruffe tra colleghi. E così Federica Dieni, avvocato calabrese e membro del Copasir, giovedì è stata la più lesta a mettere like e cuoricini sui post di Marta Grande, la deputata laziale impallinata nel gioco perverso del rinnovo delle presidenze di commissione. E Luigi Iovino, il più giovane della pattuglia dei grillini alla Camera, macinatore di preferenze online in Campania, se li è presi sotto braccio a uno a uno, i suoi compagni della Finanze rimossi d’arbitrio dal capogruppo Davide Crippa, mercoledì sera, per scongiurare un’imboscata già programmata ai danni del renziano Luigi Marattin, presidente designato di quella commissione. E a tutti Iovino, un tempo grande critico di Luigi Di Maio quindi ultimamente finito con l’essere considerato un pretoriano del ministro degli Esteri (nel M5s va così), ripete la stessa cosa: che quella di Crippa è stata una “porcata” e che crea un precedente pericoloso, che così insomma, con questo direttivo e questo capogruppo, non si può proprio andare avanti, e serve cambiarlo. E lo stesso, in quelle ore, ripeteva pure Cosimo Adelizzi, ad alta voce in mezzo al Transatlantico, ché tutti sentissero: “Dobbiamo dare un segnale”, diceva il deputato, salernitano di Battipaglia, esponente di quella commissione Bilancio che aveva assistito alla conta interna, con tanto di ricorso e riconteggio delle schede, che aveva portato alle dimissioni di Leonardo Donno da capogruppo.
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