Roma. Esibisce un’umiltà che pare quasi di maniera. “Non mi pare – ci dice – di poter essere ricompreso tra coloro che vivono di imponenti certezze”. Parla insomma coi toni compassati dei democristiani vecchio stile, Fabio Melilli: che del resto, a Montecitorio, è uno dei più fedeli colonnelli di quel silente esercito che risponde agli ordini di Dario Franceschini, e che però al momento del bisogno sa farsi sentire. E infatti Melilli, già sindaco della sua Poggio Moiano, direttore generale dell’Anci, presidente della provincia di Rieti e dell’Unione delle province italiane, due volte deputato, una vita trascorsa a angustiarsi sui problemi dei piccoli comuni, dell’Italia marginale, mercoledì scorso s’è accaparrato la presidenza della commissione più ambita. Ritrovandosi così a succedere a Claudio Borghi alla presidenza della Bilancio. “Avverto, sì, la necessità di un lavoro paziente di corretto mantenimento dell’equilibrio tra governo e Parlamento, perché da quell’equilibrio discende la forza di un paese democratico”.
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